Il genio femminile
«Ci ha donato questa casa, ci ha detto: “Siate uniti! Se amate la mia casa, la mia casa è la pace!”. Siamo arrivati da mille strade diverse, con mille cuori diversi; ora siamo un unico cuore, perché il Signore -ha voluto così».
Continuava così la canzone con cui ho concluso la puntata precedente di questa nostra riflessione sulla santità, cui papa Francesco ci esorta con Gaudete et exsultate.
Sono mille e mille le strade della santità, dice il Papa e si sofferma volutamente sul “genio femminile” della santità, sugli «stili femminili di santità, indispensabili per riflettere sulla santità di Dio in questo mondo» (n. 12).
Ed elenca una serie di donne, che hanno segnato fortemente il cammino della Chiesa lungo la storia, a prova di quanto la figura femminile sia sempre stata importante nella Chiesa e di quanto siano state ascoltate e stimate le donne nella Chiesa. Molte di loro sono state maestre e guide e non a caso Paolo VI volle che alcune di loro fossero dichiarate “dottore della Chiesa”, cioè maestre spirituali, che hanno rinnovato con il loro contributo il pensiero e la vita cristiana nei secoli.
Il Papa cita Ildegarda di Bingen e santa Brigida di Svezia, santa Caterina da Siena e santa Teresa d’Avila e santa Teresa di Lisieux.
Ildegarda di Bingen (1098-1179), proclamata dottore della Chiesa da Benedetto XVI nel 2012, scrisse drammi e poesie, opere di filosofia e di cosmologia, musicista e consigliere ascoltata di principi e poveri: «O fuoco dello Spirito, vita di tutte le creature: tu sei santo e ci doni la vita […] Tu rialzi gli oppressi, che aspirano alla felicità. Per tutto questo noi leviamo la nostra preghiera a te, che sei l’armonia della lode, la gioia suprema della vita, la speranza più intensa, l’onore più alto, l’offerta più brillante di luce».
Vengono poi due sante che furono contemporanee nella vita e nell’ardore: Santa Brigida di Svezia (1303-1373), della quale amo ricordare una breve preghiera: «O Signore Gesù Cristo, eterna dolcezza di coloro che ti amano, giubilo che trapassa ogni gioia e ogni desiderio, salute amore di coloro che si pentono». Le fu contemporanea Caterina da Siena (1347-1380: «Ti raccomando i dilettissimi miei “figli”, e ti prego, sommo ed eterno Padre, di non lasciarli orfani! Visitali con la tua grazia, perché, morti a se stessi, vivano nella vera e perfetta luce; nel dolce vincolo del tuo amore uniscili, sì che muoiano consumati dalla carità!».
Due donne coraggiose, che riuscirono con il fuoco delle loro parole a riportare il papa da Avignone a Roma.
Né meno infuocata la quarta santa che cita papa Francesco, Teresa d’Avila (1515-1582): «Sono tua, perché mi hai creata, tua, perché mi hai riscattata, tua, perché mi hai sopportata, tua, perché mi hai chiamata, tua, perché mi hai aspettata, tua, perché non sono andata perduta: che vuoi da me? Che vuoi da me, mio buon Signore? Eccomi, o dolce mio Amore, Amore dolce, eccomi: che vuoi da me? Il mio cuore depongo sul palmo delle tue mani: il mio corpo, la mia vita, la mia anima, tutte le mie passioni ed i miei affetti».
Con questo fuoco appassionato del cuore riformò i carmelitani, generando una schiera di figlie non meno sante di lei, come Teresa di Lisieux (1873-1897), l’ultima delle sante citare dal Papa: «La mia vita, Signore, è un istante che passa, un momento che fugge e se ne va. Tu lo sai, mio Dio, che per amarti sulla terra, non ho altro che l’oggi. T’amo, Gesù, tende a te la mia anima. Sii tu il mio dolce sostegno, regnami in cuore, dammi il tuo sorriso, per un giorno solo, per oggi».
Sono state tutte donne eccezionali, ma se dovessimo fare la storia della Chiesa al femminile, quante ancora ne dovremmo ricordare.
Penso a Pomponia Grecina, che negli anni 42-54 d.C., al tempo dell’imperatore Claudio e di Nerone viveva coraggiosamente la sua fede, aiutando i poveri, curando la preghiera, amando la sua famiglia, tanto che, quando fu denunciata come cristiana, nessuno osò condannarla: era troppo buona!
Penso a Marcellina (330-397), la sorella di sant’Ambrogio, che le fu sempre legato da profondo affetto e le confidò uno dei principi fondamentali del suo ministero episcopale: ««Gesù Cristo, nostro Signore, ha ritenuto che gli uomini possano essere obbligati e stimolati a fare il bene, più con la benevolenza che con la paura; e che, per farli emendare, l’amore è più efficace del timore».
Penso a Clotilde (475 – 545), che condusse il marito pagano Clodoveo, re dei Franchi, al battesimo, che quando morì, fu subito acclamata come “santa” e il suo corpo fu portato con un solenne corteo a Parigi. E accanto a lei dovremmo porre sua nuora, santa Radegonda (518 – 587), che ancora oggi è chiamata dai francesi «Madre della Patria».
Come è bello, poi, leggere la dolcissima preghiera di santa Chiara d’Assisi (1194-1253): «Gioisco in te, o Signore, sempre. Non permettere, o Cristo, che nessun’ombra di mestizia avvolga il mio cuore».
Dovremmo ricordare anche Vittoria Colonna (1490-1547), saggia e paziente amica di Michelangelo, nel cui cure inquieto sapeva sempre riportare la pace, sostenendolo nel creare i suoi grandi capolavori: «Stella del mare, chiara e sicura, che ornasti il Sole del Paradiso col corpo mortale, quasi velando la sua pura luce con il tuo corpo verginale».
Cosa dire poi di quella “ragazza” – morì ad appena ventisei anni – che fu santa Bartolomea Capitanio (1807-1833), che in un anno e mezzo di vita fondò l’Istituto delle Suore di Maria Bambina o Suore di Carità, oggi diffuse in tutto il mondo, alle quali la giovane Bartolomea chiedeva di pregare così: «Signore Gesù, tu mi hai insegnato che l’amore per te non può essere mai separato dall’amore del prossimo. D’ora in poi, mio Signore, tutto quello che tu mi hai donato non lo riterrò più mio. La vita, la salute, ogni mia capacità, i pensieri, le parole, le azioni, le cose, tutto metterò a servizio degli altri».
Santa Bernadette Soubirous (1844-1879), poi, la piccola fanciulla di Lourdes, che la Madonna scelse per convertire i cuori dei francesi – e del mondo intero – ubriacati dall’anticlericalismo e dall’ateismo dell’Ottocento. Alla prepotenza delle autorità e della polizia … e alla crudele gelosia delle stesse suore tra le quali entrò, quella ragazza, ritenuta ignorante, rispondeva: «Gesù, mio Signore, ti prego: donami il pane dell’amore, il pane dell’umiltà, il pane dell’obbedienza. Donami, Signore mio Dio, il pane della forza, per dissolvere la mia volontà e fonderla con la tua».
Donne semplici agli occhi del mondo superbo di allora, ma donne che diffusero il profumo della bellezza, che ebbero il dono della profezia e segnarono la storia dell’intera Europa, come santa Edith Stein (1891-1942) o Teresa Benedetta della Croce che nel buio satanico della follia nazista, seppe infondere speranza e pace: «Chi sei, dolce luce, che mi inondi e rischiari la notte del mio cuore? Tu mi guidi come la mano di una madre: se mi lasci sola, non avanzerei neppure di un passo».
Donne sante, vissute tra la povera gente, conducendo la vita di tutti, forse un poco folli agli occhi del mondo, come Madeleine Delbrel (1904-1964): «Mandaci, o Dio, dei folli, quelli che si impegnano a fondo, che amano sinceramente, non a parole, e che veramente sanno sacrificarsi sino alla fine. Abbiamo bisogno di folli, che accettino di perdersi per servire Cristo».
Non possiamo ripercorrere tutta la storia, ma possiamo rimanere ammirati dalla preghiera di una donna dei nostri giorni, Adriana Zarri (1919-2010): «Quando non so amare, quando ti amo poco, quando amo distrattamente, amami tu Signore. Quando mi alzo al mattino ancora pieno di sogni, amami tu; quando mi corico alla sera avvolto da delusioni, amami tu; e soprattutto quando non sono amabile amami tu Signore. Quando mi illudo di amare te senza amare gli altri, quando mi illudo di amare gli altri senza amare te, amami tu; quando nessuno mi ama, amami tu Signore!».
Sì, il “genio femminile” è stato ed è enormemente prezioso per la santità della Chiesa e «questo – dice papa Francesco – dovrebbe entusiasmare e incoraggiare ciascuno di noi» (n. 13).