Speranza nella disabilità
Eliana MARCORA: Vicepresidente nazionale dell’Associazione “Collaboratori Familiari del Clero”, Coordinatrice regionale per la regione Lombardia
“Le persone con disabilità costituiscono per la famiglia un dono e un’opportunità per crescere nell’amore, nel reciproco aiuto e nell’unità. La famiglia che accetta con lo sguardo della fede la presenza di persone con disabilità potrà riconoscere e garantire la qualità e il valore di ogni vita, con i suoi bisogni, i suoi diritti e le sue opportunità. […]” (Amoris Laetitia N. 47)
La disabilità non può essere un limite che soffoca la vita umana e spirituale, quasi una condanna. Occorre una conversione perchè le persone con disabilità siano poste al cuore della Chiesa, perché possano dare il loro contributo secondo i loro carismi, arricchendo anche l’esperienza di tanti credenti.
Forse la domanda che sorge spontanea è che la persona con disabilità abbia un destino annunciato e irreversibile. Eppure, anche in un corpo limitato e fragile la vita può assumere tante strade e riempirsi fino all’inverosimile. La cultura dominante, invece, sembra rifiutare l’idea della fragilità e della non autosufficienza, come se l’aver bisogno di qualcuno intacchi la propria vita e scalfisca la possibilità di realizzazione e di felicità. L’esistenza è sempre più misurata dal culto dell’efficienza e della performance di cui ci si dimostra capaci. È necessario accettare i propri limiti, rendersi conto di dove si può arrivare da soli e lavorare sulla appartenenza: anche chi ha una disabilità può avere voce attiva nella costruzione della società. “Nessuno è solo il suo limite, nessuno è solo la disabilità che ha”.
Incontriamo anche vicino a noi, persone che – perfino nelle tribolazioni – stanno attaccati alla positività della vita. Ci stupiscono per il coraggio di accettare il dolore, per l’amorevolezza nell’accudire, o la docilità nell’essere accuditi; per la pazienza di dipendere dagli altri; per la gratitudine nell’amicizia, la disponibilità al sacrificio, per la carità senza misura. Tutto questo deriva dall’adesione completa alla volontà di Dio; se viviamo questo rapporto come “offerta” a Dio la vita diventa un tesoro: riusciamo così a cogliere, anche nella grave disabilità, una possibilità di maggior pienezza di vita. Vivendo accanto alle persone con disabilità gravissime sappiamo che anche in un corpo immobile, prigioniero del silenzio, privo del linguaggio e dell’autonomia della gestione di sé c’è una vita piena: occorre cambiare lo sguardo e rendersi conto che le persone disabili hanno anche dei desideri, non solo dei bisogni. La condizione di disabilità, se non è transitoria, non regredisce. Le strade di realizzazione della felicità necessitano di relazioni che possono sopperire alle mancanze di capacità dovute alla disabilità e costituire delle risorse enormi. La speranza si esprime nel prendersi cura dell’altro; è il volto dell’altro che entra nella mia vita, nelle mani che vestono, sostengono, curano e colmano i limiti della persona disabile. La speranza è nella fiducia che sappiamo offrire a chi ci tende una mano e nella responsabilità che ciascuno di noi avverte per la vita degli altri.
Qual è il volto della speranza nella disabilità? La disabilità è trasversale: nessuno può sentirsi escluso da questo impegno. Per cambiare lo sguardo, abbattere i pregiudizi bisogna lavorare insieme, riconoscere che hanno talenti e promuovere la partecipazione.
Vorrei proporre un’esperienza, scelta fra le tantissime esistente che mi è sembrata innovativa. Si chiama: PizzAut
PizzAut: “un Progetto travolgente” “Vietato calpestare i sogni”
Queste parole di speranza e di inclusione sono state pronunciate a Desio (prov. Milano) da Nico Acampora, che è il fondatore della prima pizzeria in Italia gestita da personale autistico e laboratorio modello di inclusione sociale dalla preparazione al servizio ai tavoli. Insieme a lui, nel sostegno e nell’accompagnamento c’è monsignor Luca Raimondi – Vescovo ausiliare di Milano – padre spirituale e sostenitore dell’iniziativa. L’ispirazione è venuta dall’esperienza in famiglia di Nico con un figlio LEO autistico. Il progetto nasce nel 2017 nella cucina di casa: preparare la pizza in casa è stato un modo per invitare amici e stare tutti insieme. Osservando, Acampora si è accorto che la preparazione della pizza coinvolgeva direttamente i ragazzi.
Acampora, ex educatore e responsabile di politiche giovanili ha spesso constatato che il rispetto dei ragazzi con autismo manca nel mondo del lavoro. Il lavoro che è veicolo di dignità viene spesso negato ai giovani con neurodiversità. Così ha deciso di rimediare lanciando il progetto PizzAut per giovani di età compresa tra i 20 e i 25 anni.
PizzAut è un innovativo modello di inclusione sociale, un laboratorio sempre in fermento che dimostra come le barriere sono spesso solo nelle nostre teste e non nei nostri cuori.
È l’occasione per molti ragazzi autistici di guadagnare dignità e autonomia attraverso il lavoro, che lavorando insieme nutrono l’inclusione.
Nico, iniziò nel 2020, in piena pandemia un’attività simile. Ora sono 2 pizzerie gestite interamente da ragazzi autistici: pizzaioli, barman, camerieri e oltre l’80% dei lavoratori. Nel 2021 a Cassina De’ Pecchi vicino a Milano apre il primo ristorante, successivamente a Monza. Nei due locali lavorano complessivamente trentacinque professionisti. Questi primi anni di attività e sperimentazione hanno permesso al team di PizzAut di crescere, conoscersi, scoprire quali sono i limiti e le potenzialità di un progetto così ambizioso. Non sempre le difficoltà che incontrano sono prevedibili, ma si trova un’alternativa. Sono affiancati da professionisti della ristorazione ed educativi. Acampora racconta che molti di loro sono riusciti ad accettare i propri limiti che sembravano limiti insormontabili. Il fine di PizzAut è migliorare la vita, nel presente e nel futuro del maggior numero possibile di persone con autismo. Acampora sogna che questo progetto possa essere replicato per dare vita ad un franchising del sociale, con un’accademia di formazione. I ragazzi di PizzAut lavorano: questo progetto non è una terapia ma un’occasione professionale che rende i partecipanti più competenti in ambito gastronomico, sociale e relazionale. I ragazzi sono anche cresciuti in termini di sicurezza, autonomia e autostima.
Soprattutto è stata accesa una speranza che non c’era: qui la disabilità è divenuta una voce attiva anche per la società, un’occasione concreta per sensibilizzare l’attenzione sulla realtà delle persone affette da disturbi dello spettro autistico e su quanto si può fare per il loro inserimento sociale.
Memorabile è il discorso rivolto ai ragazzi dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Monza. Dopo il taglio del nastro della nuova sede, Mattarella ha visitato le cucine e assaggiato le pizze, tra cui la pizza “Articolo 1”, dedicata alla Costituzione. Ha detto il Presidente: “Questo è un luogo di esempio, ma soprattutto di normalità. Vi ringrazio per avermi invitato per l’inaugurazione di questo bellissimo e straordinario spazio di PizzAut: è un piacere essere qui. Vorrei dirvi che siete bravissimi, la pizza era squisita e anche il modo di presentarla in tavola è stato ottimo. Avete una professionalità di alto livello. Per questo non mi meraviglio che due ragazzi abbiano firmato il contratto di assunzione a tempo indeterminato, perché avete professionalità. Vorrei ringraziare Nino Acampora per quello che ha intuito e ha ideato. Questo è un luogo di normalità, perché si lavora come fanno tutti. Ciascuna persona ha un suo modo di esprimersi e di realizzarsi. Tutti devono avere questa possibilità. Nino ha creato per voi la possibilità di realizzarsi e voi avete dimostrato che cos’è impegnarsi, lavorare insieme, essere fra voi solidali. Ragazzi, sono uno di voi, vi ringrazio e faccio gli auguri anche per le tappe successive che PizzAut realizzerà.”
Nico Acampora ha ricevuto diversi riconoscimenti: l’Ambrogino d’Oro a Milano, l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica e Cittadino d’Europa. Questi riconoscimenti non brillano ma toccano il cuore. In un mondo in cui il valore di un ristorante viene misurato con stelle e numeri esistono realtà che scelgono la strada della passione autentica, dell’inclusione reale e della tenacia quotidiana.
Dice Acampora:” Con questo progetto noi impastiamo vita, dignità, futuro e speranza. 41 ragazzi autistici, che starebbero in centri per disabili, hanno invece un contratto a tempo indeterminato”.
Acampora guarda all’intera penisola e spera di arrivare ad ampliare la flotta di PizzAut per formare e dare lavoro nel mondo della ristorazione a 500 ragazzi autistici in tutta Italia, attraverso il coinvolgimento delle Onlus sul territorio. Al centro del progetto ci sono le persone e non il business.
La speranza non è legata a una meta da raggiungere o ai successi da conseguire. La speranza è nella vita che sa trasformarsi in un cammino, è accogliere il volto che entra nella mia vita e mi accompagna. La speranza è nei percorsi che guardano alla persona, i suoi interessi e ai suoi bisogni relazionali più che ai suoi limiti. La cultura dominante sembra invece rifiutare l’idea della fragilità e della non autosufficienza, chiudendosi in una prospettiva egoistica. La speranza è tutta racchiusa in quel “noi” in grado di aprire nuove strade da percorrere.
