La speranza nella tristezza della vita
Eliana MARCORA: Vicepresidente nazionale dell’Associazione “Collaboratori Familiari del Clero” e Coordinatrice regionale per la Lombardia
«Fino a quando nell’anima mia addenserò pensieri, tristezza nel mio cuore tutto il giorno? ma io nella tu fedeltà ho confidato; esulterà il mio cuore nella tua salvezza, canterò al Signore che mi ha beneficato» (Salmo 13,2-3,6)
L’uomo è il più razionale tra tutti gli esseri creati sulla terra vive le emozioni, che sono una componente vitale della personalità umana: esse sono positive quando determinano in noi una soddisfazione e benessere, negative se provocano dolore e angoscia. La tristezza, intesa come abbattimento dell’animo è un’afflizione costante che impedisce all’uomo di provare gioia. L’attuale contesto di vita non ci lascia indenni da questi stati d’animo. Le guerre, la povertà, i disastri naturali, le incertezze economiche, le preoccupazioni familiari, malattie e sofferenze seminano sentimenti di paura, sconforto, tristezza. Esiste anche una tristezza interiore provocata dal nostro peccato che si insinua nell’animo causando pessimismo ed egoismo. Essa nasce dall’esperienza del cuore che ha visto svanire un desiderio, un sogno oppure deriva da sofferenze, malattie, lutti nei quali ci crogioliamo perché non vogliamo elaborarli, da amarezze piene di rancore, da fragilità: disagi che ci fanno vivere uno stato d’animo vendicativo o vittimistico che scatenano in noi ricordi sgradevoli e angoscia. Questa tristezza viene dal Maligno e va combattuta, in quanto rischia di diventare una malattia dell’anima. Non dobbiamo dimenticare che Satana è colui che con la sua abilità ci fa scoraggiare, ci fa abbattere e ci avvilisce. La persona abbattuta è sconfortata non spera più dispera di potersi risollevare, di riuscire a rinascere. Questa è la grande maledizione a cui il demonio ci destina. È il rifiuto della grazia, è la morte della speranza e della fiducia, alla quale possiamo reagire percorrendo un cammino di conversione che la grazia di Dio trasforma in gioia.
Proviamo a mettere al cuore della nostra preghiera le situazioni di tristezza e di abbandono vissute da alcuni personaggi della Scrittura per ricevere dalle loro esperienze un aiuto valido per capire i nostri sentimenti e confidare nella potenza del Signore.
«Egli s’inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò ed…ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Àlzati mangia!». Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna (1 Re 19: 1-4, 13)
Elia, dopo aver sconfitto i profeti di Baal sul monte Carmelo si trovò inseguito dalla regina Gezabele e dovette affrontare momenti di fragilità, di tristezza, scoraggiamento, disperazione.
Anche noi viviamo lo sconforto nei momenti di tristezza. L’esperienza di Elia ci offre una lezione di speranza: Dio gli fu accanto e rispose alle sue preghiere fornendo nutrimento, riposo e incoraggiamento attraverso un angelo inviato in soccorso.
La storia di Giobbe, che dovette affrontare immani tragedie, arrivando fino a maledire il giorno in cui era nato, racconta una strenua lotta per vincere il senso di solitudine e abbandono da parte di Dio. Giobbe con la sua pazienza ha la capacità di contrastare il male, lotta e attende riponendo tutta la fiducia in Dio. La sua perseveranza gli farà sperimentare la benedizione divina.
Dobbiamo reagire alla tristezza e allo scoraggiamento vivendo con energia e resilienza spirituale la fede. La preghiera e la meditazione possono essere fonte di forza e di speranza per la guarigione del nostro spirito oppresso dalla tristezza.
«Ritenni pertanto opportuno non venire di nuovo fra voi con tristezza. Perché, se io rattristo voi, chi mi rallegrerà se non colui che è stato da me rattristato? Ho scritto proprio queste cose per non dovere poi essere rattristato, alla mia venuta, da quelli che dovrebbero rendermi lieto; sono persuaso, riguardo a voi tutti, che la mia gioia è quella di tutti voi. 4Vi ho scritto in un momento di grande afflizione e col cuore angosciato, tra molte lacrime, non perché vi rattristiate, ma perché conosciate l’amore che nutro particolarmente verso di voi. Se qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me soltanto, ma, in parte almeno, senza esagerare, tutti voi. 6Per quel tale però è già sufficiente il castigo che gli è venuto dalla maggior parte di voi, 7cosicché voi dovreste piuttosto usargli benevolenza e confortarlo». (2Cor 2:1-7)
San Paolo che visse la tristezza nei patimenti e nelle prove che dovette affrontare, nei malintesi e nei rapporti conflittuali con la comunità ci suggerisce atteggiamenti di perdono nel caso di tristezza per offese ricevute da altri. Ci esorta alla riconciliazione con gli altri, nel caso ci fossimo rattristati per motivi di discordia. A volte la tristezza ci paralizza, ci deprime impedendoci di ristabilire rapporti sereni
di pace.
Quando siamo disperati e stanchi la fede può darci sostegno. Paolo, nei momenti di grande sconforto si è sentito sostenuto da Dio e dall’amore per la comunità nella quale ha cercato, con le sue lacrime di riportare la serenità dei rapporti.
«L’anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate» (Mc 14:34)
Gesù sembra simpatizzare con le nostre debolezze: ci insegna che tristezza, dolore, dispiacere non sono sentimenti sbagliati. Lungo tutta la vita Gesù ha sperimentato la tristezza di fronte al peccato e alla “durezza del cuore” dei suoi interlocutori, soprattutto degli uomini religiosi che lo avversavano e non lo comprendevano. Tuttavia, anche nel Getsemani Gesù manifesta di essere il Figlio di Dio non compiendo gesti di potenza, ma attuando il miracolo dell’obbedienza e della fede: nell’angoscia più profonda riconosce la paternità di Dio. Gesù ha reagito, lottato e vinto quella tristezza mediante il pieno abbandono alla volontà del Padre. Ci ha insegnato che l’amore può essere ragione valida per vivere e morire quando dentro di noi nasce la gioia profonda che è dono dello Spirito. Forse dobbiamo recuperare la Grazia del battesimo che abbiamo ricevuto per aprirci alla speranza della gloria futura.
L’AMORE DI DIO È LA CURA DELLA NOSTRA TRISTEZZA: ABBIAMO IN NOI LA SPERANZA CRISTIANA?
«La speranza cristiana è come un vulcano, come una sorgente segreta che zampilla nel cuore, come una primavera che scoppia nell’intimo dell’anima». (Card. C.M. Martini)
La vita umana è una tensione verso il futuro, la speranza viene da Dio: è vivere abbandonati nelle braccia di Dio avendo riferimento Gesù Cristo.
La speranza è la fiducia incrollabile nell’aiuto di Dio, che non ci fa mancare gli aiuti necessari nei cammini difficili della vita, nelle nostre paure, nei nostri smarrimenti. Ci permette di superare ogni giorno le piccole e grandi crisi della quotidianità. Quando nelle difficoltà non mi perdo d’animo, quando nelle crisi personali, familiari so contemplare la Provvidenza di Dio nelle situazioni che incontro intuisco che la nostra tristezza infinita si cura soltanto con un amore divino e infinito.
Per vincere la nostra tristezza, il nostro scoraggiamento la speranza ci chiede di uscire da noi stessi, abbandonare la nostra irrequietezza, le nostre forme di nevrosi per curare i bisogni degli altri, vivendo l’attenzione del servizio. La vicinanza che offriamo agli altri è un atto di speranza, una testimonianza di sostegno e cura che arricchisce anche noi. C’è un mondo che ci aspetta, che attende una briciola del nostro amore: il nostro piccolo seme di speranza che diventa contributo da consegnare alla terra perché produca frutto.
Vorrei coniugare il senso della SPERANZA nella tristezza consegnando un’esperienze attuale di Giovanni ALLEVI, compositore e direttore d’orchestra italiano.
Dal 2022 Giovanni Allevi combatte contro un mieloma multiplo. Durante un concerto a Vienna venne colpito da un dolore lancinante alla schiena che gli impedì di alzarsi a salutare il pubblico. La sua vita i trasformò in un ricovero continuo presso l’Istituto Tumori di Milano. Racconta: «Quando arrivò la diagnosi mi sembrò che la terra tremasse sotto i miei piedi. Questo è il momento del buio. Tutto ciò che prima era certezza crolla. Nel messaggio cristiano è il momento del deserto. Iniziò la dura esperienza in ospedale, ma inaspettatamente inizia una seconda fase. La disperazione è il primo passo verso la guarigione. …. Il mio cuore ha cominciato ad espandersi l’anima ad allargarsi, a recuperare spazi immensi mentre il corpo soffre. Ho sempre voluto evitare la spettacolarizzazione del dolore. Ho cercato di spettacolarizzare la mia gioia di vivere. Il dolore mi ha aperto la magnificenza di Dio!».
Allevi riesce a dipingere con una pennellata luminosa il quadro più cupo. Da questo cammino nasce il CONCERTO MM22, in cui il compositore trasforma la parola mieloma in note, come fece un tempo Bach con il proprio nome. Un diario musicale composto nei lunghi giorni di ricovero.
Giovanni Allevi non nega mai lo scandalo del dolore, sceglie però di guardarlo da un’altra prospettiva.
La risposta all’enigma della tristezza, del dolore non può mai essere teorica: è un’esperienza vissuta che tocca ciascuno, che richiede la nostra risposta con lo sguardo aperto al Mistero di Dio.