RICORDO DI MONS. GIOVANNI STRAZZACAPPA

 

Chi fu veramente questo Sacerdote, fondatore e primo fervente animatore dell’Associazione?

Di Lui ci parla mons. Mocellini, già Vescovo d’Adria, durante la Messa di suffragio celebrata a Terraglione (Padova).

Egli era un vulcano di idee sempre nuove e genialissime; vulcano che sembrava aumentare la sua forza esplosiva nel tempo anziché affievolirla. L’Arcivescovo di Trento Mons. Gottardi che aveva letto la commemorazione che ne fece a Montegalda disse davanti a tutti i vescovi del Triveneto: «Basterebbe un solo prete così in ogni diocesi per far esplodere di fede l’Italia e il mondo intero».

Quest’espressione ci dà l’immagine veramente grandiosa di Mons. Giovanni Strazzacappa.

Oggi penso che tutta la sua vita possa essere riassunta in due grandi amori: quello alla Chiesa e quello alla Madonna.

AMORE ALLA CHIESA

Innanzitutto un amore intenso verso la Chiesa. Al suo tempo la Chiesa dottrinalmente era considerata come la gerarchia che assiste e governa i fedeli. Il Concilio le cambierà volto; essa diverrà Popolo di Dio, che il papa, i vescovi e i sacerdoti sono chiamati a servire.

Mons. Strazzacappa aveva prevenuto il Concilio. Era partito da bambino con due idee in testa: farsi prete e dedicarsi all’apostolato della stampa. E queste gli resteranno ben fisse anche quando i superiori – divenuto sacerdote – lo invieranno cappellano a Casale di Scodosia e a Este, quando gli affideranno la direzione dell’Ufficio Missionario Diocesano. E sarà in quest’ultimo compito che sentirà allargarsi il cuore percorrendo spiritualmente le vie del mondo, dove i fratelli avevano più bisogno di soccorso. Pio XII pubblicherà nel 1957 la Fidei donum chiamando i vescovi di tutta la Chiesa responsabili del mondo da evangelizzare. Mons. Strazzacappa vi aveva pensato fin dal 1935. E per rendere sempre più efficace il suo lavoro missionario scrisse vari libretti, come ‘Adveniat”, “Scintille Missionarie”, “Manuale per le delegate”, calendari e infine il libro “Cooperazione Missionaria”.

Anzi ideò una scuola destinata a religiosi e religiose di tutta Italia in partenza per le missioni. Egli è all’origine del CUAMM (Centro Universitario Assistenti Medici Missionari) e nel 1957 dà vita al CEMP (Convitto Ecclesiastico Missionario Presbyterium) assecondando subito l’appello del grande Pio XII. E mentre l’Italia era divisa in due dalla guerra riceve da Roma l’incarico di Direttore e Redattore di Crociata Missionaria per l’alta Italia. Fondò anche un centro di distribuzione di film e cortometraggi per far conoscere a tutto il mondo i problemi missionari e lo chiamò “Parva Favilla”.

Padova sotto il suo impulso divenne una delle diocesi più generose e attive nel settore missionario.

Farà sentire il suo amore per la Chiesa, istituendo a Padova, in via del Santo, il Presbyterium con lo scopo di farlo diventare centro di irradiazione di tutte le opere che già gli balenavano in mente e ambiente adatto per ritiri, convegni, seminari di studio su problemi religiosi.

Lo farà sentire compilando il Messalino festivo che sarà diffuso in Italia sino a raggiungere un milione circa di copie.

Lo farà sentire acquistando tipografie che lavorassero unicamente per la diffusione dei suoi foglietti settimanali e mensili e per stampare una lunga serie di opuscoli di facile lettura per la conoscenza della verità evangelica.

Lo farà sentire pensando alle svariate categorie di persone da assistere per farle diventare sempre più attive nella Chiesa:

– nel 1946 inizia la pubblicazione de “La settimana del Clero” e ne delinea la finalità scrivendo: “La battaglia che noi iniziamo viene condotta in forza di un nome che è la ragione d’essere del nostro sacerdozio: Gesù Cristo». Vuole che esso abbia la caratteristica di cristocentrismo con la cattolicità («abbiamo bisogno, diceva, di respirare aria di cattolicità») e che abbia pure l’impronta dell’ottimismo («La Chiesa, diceva, non si difende, ma trionfa»). Attraverso questo settimanale egli voleva informare il clero sugli avvenimenti ecclesiali del mondo, ma soprattutto offrirgli uno strumento di cultura e aggiornamento. Esce… e vegeta ancora – dopo diverse alternative – con la Direzione dei Dehoniani di Bologna.

– Nel 1947 lancia il battagliero foglietto “Il Carroccio” quasi rievocazione dell’istituzione… medioevale di carattere sacromilitare, di lotta contro i nuovi aggressori della fede. …

– Ma egli pensa che accanto al sacerdote occorrano dei collaboratori, prime fra tutte le ottime Religiose, che svolgono la loro opera di assistenza ai bambini e alle giovani, nell’istruzione religiosa e nella stessa cura pastorale. Per esse pubblica nel 1950 il foglio “Ecce Ancilla” che da quindicinale diverrà settimanale.

– Nello stesso anno 1950 inizia la pubblicazione di “Selezione” dove raccoglie quanto di meglio vien pubblicato nel mondo cattolico e che meriterà un lusinghiero apprezzamento dallo stesso Osser-vatore Romano (8 luglio 1951).

– Altre persone vivono accanto al sacerdote: le Familiari del Clero. Esse devono essere riservate, prudenti e pie, pensando che assistendo il prete, assistono Gesù stesso. Anche a loro Mons. Strazzacappa rivolge la sua attenzione con il foglietto “Marta e Maria” che esce nel 1952 e che ha ancora vitalità vigorosa.

– Né il suo lavoro si ferma qui. Egli pensa alle vocazioni ecclesiastiche e religiose e nel 1954 lancia un altro mensile: “Accanto al sacerdote” dedicato ai genitori dei seminaristi e alle zelatrici del-l’Opera delle vocazioni.

– Pensa pure ai seminari, che non tutti allora avevano un foglietto proprio e nel 1954 pubblica il mensile “Cuore della diocesi”, veramente ben fatto, moderno ed economico.

– Pensa anche alle diocesi in difficoltà per avere un Bollettino Ufficiale e pure nel 1954 fa uscire il mensile “Rivista Ecclesiastica”, dove sono riportati gli Atti principali della Santa Sede e quelli propri della diocesi.

– Un’ultima categoria di persone collabora con il sacerdote, i sacrestani. Neppure essi sfuggono alla sua premura e nel 1958 fa uscire il mensile “Il Cenacolo”, prezioso per la loro formazione liturgica e spirituale.

– Ma non è ancora tutto. Ai sacerdoti offre anche aiuti materiali. A me, appena vescovo, ha fatto pervenire la somma di 200 mila lire da parte di benefattori svizzeri.

– Apre Case del Clero a Padova, a Roma, a Napoli; una Casa di riposo a Lusiana (Vicenza), la “Villa Ave Maria”; Gallerie d’Arte Sacra offrendo materiale liturgico di buon gusto ed economico ai sacerdoti spesso sprovvisti di sensibilità nel genere. Aveva già aperto una Casa per Esercizi Spirituali a Cesena (Vicenza), ma poi la cederà alle Religiose di Don Bosco. Pensava – anche se non riuscirà a realizzarli – a una Consulenza legale e medica gratuita per sacerdoti e religiosi e a un seminario per vocazioni adulte.

– A tutto ciò va aggiunto – anzi va posto in primo piano – l’Istituto Secolare Femminile “Ancelle del Signore” fondate nel 1950 in aiuto ai sacerdoti con la preghiera e il servizio. Ad esse poco dopo aggiunge le “Familiari del Clero” preparandole spiritualmente e moralmente per essere dome-stiche nelle canoniche e le assiste con un foglietto mensile oggi maggiormente diffuso e conformato grazie ad un corpo redazionale ben qualificato.

Ed ora tirate voi la conclusione. Credo che difficilmente si possa trovare un prete così fervido, fecondo, dinamico. Noi, che l’abbiamo conosciuto da ragazzo e non avevamo intuito la capacità creativa della sua mente, al primo manifestarsi della sua molteplice attività, siamo restati allibiti e vi abbiamo scorto un segno dell’intervento di Dio.

AMORE ALLA MADONNA

A quello per la Chiesa egli ha aggiunto un amore tenerissimo verso Maria Santissima. L’amò fin da bambino. Soleva chiamarla con il dolce nome di Mamma. Predicando su di Lei si infiammava, si trasformava in volto sino a intenerirsi e sino a far piangere. L’amore verso di Lei era quotidiano, costante. Denomina le Religiose da lui fondate con il titolo “Ancelle del Signore”, ricordando la risposta di Maria all’angelo dell’Annunciazione. Chiede alla direttrice di esse di lasciarne la qualifica e il compito a Maria. Al saluto “Cristo regni” fa rispondere “Per Maria”. Partecipa e organizza pellegrinaggi ai santuari mariani più famosi d’Europa.

E’ stato scritto che «Maria gli diede la fantasia del bene» (P. Gabriele Amorth).

Nel 1947 partecipò alla Peregrinatio Mariae in varie diocesi. Inutile dire l’entusiasmo che sapeva infondere nelle anime.

Nel maggio del 1953 lancia l’Armata Azzurra in Italia e le dà sviluppo con un altro dei suoi foglietti “Voce di Fatima” che poi diverrà “Cuore di Madre”. All’Armata Azzurra aggiunge l’Armata Bianca per i fanciulli.

Ma la sua impresa più grande è stata certamente la Peregrinatio della Madonna di Fatima attraverso i capoluoghi di provincia. Interpella innanzitutto il vescovo di Leiria-Fatima, che ne è entusiasta. Scrive allora al Card. Lercaro di Bologna, che ne organizza subito il Comitato esecutivo, nominando segretari Mons. Strazzacappa e il P. Gabriele Amorth.

Per realizzarla occorrevano naturalmente quattrini e in cassa non c’era un soldo. Mons. Strazzacappa non si spaventa. Presenta a P. Amorth l’elenco delle città dove l’immagine doveva arrivare con i giorni prestabiliti dicendogli di affidarsi alla Madonna. Occorrevano aerei ed elicot-teri. Occorreva persuadere i vescovi sulla validità dell’impresa. Tutto viene superato inspiegabilmente. Quella fu chiamata la “Peregrinatio delle meraviglie”. In ogni città insperato concorso di popolo, confessori sempre insufficienti alla richiesta dei fedeli, comunioni, veglie notturne e conversioni di anime lontanissime da Dio. Essa è stata definita “La più grande mis-sione d’Italia”.

La Peregrinatio di Fatima, iniziata il 25 aprile 1959 a Napoli dove l’immagine giunse in aereo, doveva concludersi solennemente. Egli pensa a Catania dove il 13 settembre di quell’anno si concludeva il Congresso Eucaristico Nazionale. In quell’occasione e in quella città, dopo il percorso delle 92 città capoluoghi di provincia, doveva avvenire la Consacrazione d’Italia al Cuore Immacolato di Maria. E così si fece con la partecipazione del Card. Mimmi a nome del Papa.

Poteva sembrare tutto concluso così. Ma egli invece fin dal 1948 aveva in mente ancora un altro progetto: pensava alla costruzione di un tempio nazionale mariano e lo voleva là sul monte a difesa della civiltà cristiana cattolica. Corre allora a Bologna. Ne parla con il Card. Lercaro che lo approva. Scrive all’arcivescovo di Trieste, Mons. Santin, che accetta la pro-posta con entusiasmo, anche perché essa assolveva un suo voto personale, fatto durante le ore più fosche della guerra. Alla costruzione di questo tempio Mons. Strazzacappa contribuì con tutte le sue forze.

Ma egli non potrà vederne l’inaugurazione. Il suo apostolato lo porta senza soste in giro dovunque era richiesto. Ultimo viaggio da Fatima a Palermo per un corso di Esercizi Spirituali alle Familiari del Clero della Sicilia. Là si sente male. E’ trasportato in fretta a Roma dove non si trova un ospedale che lo possa ricevere. Passa la notte in una grande sala del palazzo Barberini. Gli viene amministrato il viatico. Il giorno dopo è accolto all’ospedale dei Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina, dove con il rosario in mano spira il 26 settembre 1963.

Il vescovo di Leiria-Fatima regalerà per il tempio di Trieste un’immagine di Maria identica a quella venerata nel luogo delle apparizioni, portata in pellegrinaggio per le città d’Italia. Sul piedestallo della statua è scolpito il suo nome: Mons. Giovanni Strazzacappa.

Prima di morire fra gli spasimi più atroci, invoca Maria: «Mamma! Mamma! Vergine santa, non ne posso più!».

Non ne poteva più, perché aveva dato tutto per la Chiesa e per la Madonna.

 

(* ‘Familiari del Clero – venti anni di storia’  settembre-ottobre 2002, pagg. 18-22)