Intervento Conclusivo della Presidente Nazionale
Al termine di un Convegno è naturale aspettarsi il momento delle ‘conclusioni’.
Ma non è facile nell’immediato perché siamo permeati da tante parole ascoltate, da volti, cioè da storie di vita vissuta che ci hanno affascinato, da testimonianze che ci hanno ‘rimesso in piedi’!
Dunque più che delle conclusioni mi limito a fare alcune sottolineature nella speranza che possano esserci di aiuto a rimanere, a fissare e continuare a gustare il bello e buono sperimentato in questi giorni.
* La Chiesa per essere nuova deve essere antica, cioè deve essere quella delle origini. Deve essere quella che ha voluto Gesù: SANTA.
Ma la Chiesa siamo noi, i battezzati! Per essere ‘nuovi’, per essere Familiari dal volto nuovo bisogna essere santi!
La vera novità della Chiesa è la santità.
* La Chiesa dal volto nuovo vive la dimensione contemplativa, la comunione, la condivisione; compie le opere buone, che è missionaria, che vive tra la gente, che vive di fede, che prega, che resta nella gioia, che vive relazioni fraterne, belle, serene, sincere …
Ma questa Chiesa dal volto nuovo la facciamo noi!
* In questi giorni non abbiamo ascoltato solo parole: i Santi di cui abbiamo incontrato gli ‘effetti’ del loro passaggio nei giorni del loro tempo, (i fratelli salesiani, le suore salesiane) con forza ci dicono che la santità è possibile perché il Signore non ci ha dato la vita nuova solo col battesimo ma continua ad offrircela attraverso la Parola e i sacramenti.
I santi ci testimoniano che la loro forza era il restare uniti a Cristo, l’abbeverarsi alla sorgente, il nutrirsi di Cristo, e ricorrere con fiducia a Maria nostra madre.
* I santi di cui in questi giorni abbiamo sentito parlare, hanno fatto cose grandi con poco, ma avevano un ‘grande sogno’! E da esso erano mossi, trovavano passione per agire, per andare, per fare.
Nel nostro servizio al prete e quindi alla Chiesa, alla comunità, c’è il ‘grande sogno’ di fare bella, santa la vita della canonica della comunità cristiana, della Chiesa?
* Da don Irvano e da Eliana siamo stati aiutati a ‘rivedere’ il nostro essere Familiari del Clero; l’immagine del sottobosco … .Tutto ciò che esiste, che vive è necessario alla vita dell’insieme, della comunità, della Chiesa. Anche la nostra Associazione, sebbene piccola, ha un senso, riceve vita dall’insieme e dona vita al tutto. Ogni persona per essere se stessa ha bisogno degli altri. Il prete per essere prete ha bisogno dei religiosi e dei laici. Il prete certamente è per la comunità, ma è anche sostenuto dalla comunità! In particolare noi Familiari rappresentiamo la comunità che si prende cura del prete.
Il servizio che il Familiare offre al prete può essere un aiuto che lo rafforza nella crescita in umanità, a vivere relazioni sane, sincere, a vivere il suo ministero in pienezza.
* Eliana comunicando la sua esperienza, il suo ardore, la sua passione-amore per i preti e l’Associazione, ha testimoniato che essere Familiare significa andare oltre il legame di sangue con il sacerdote.
Ha richiamato l’urgenza, la necessità della formazione, di avere occhi che vedono, un cuore grande e aperto per accogliere altri collaboratori, per vivere e aiutare a vivere la ministerialità nelle nostre comunità parrocchiali.
* Ai presenti al Convegno al termine della Celebrazione Eucaristica in Cattedrale, di questo mio intervento ho fatto un appello, un forte invito: tutto quello che ascoltato, detto ad esempio nei gruppi di lavoro, che cosa mi ha toccato di più, che cosa si è depositato in me? Certamente non tutte le parole, ma una, qualcuna, certamente sì. Trattienila, custodiscila, è un dono. In essa c’è un invito del Signore a portare frutto.
Questo invito lo rivolgo a tutti voi che avete letto queste pagine: avete sentito che il Signore vi invita alla fiducia, alla speranza, a credere che Lui opera anche oggi attraverso persone ‘piccole’, insignificanti, come siamo noi?
A fare passi per trasmettere ad altri collaboratori la bellezza, la bontà del servizio del Familiare del Clero?
Con l’aiuto del Signore, se rimaniamo uniti a Lui, possiamo portare frutto.
Anna Cavazzuti