Una Chiesa di Chiese
Don Gianluca Padovan – Sacerdote della diocesi di Vicenza – Vice delegato vescovile per il dialogo interreligioso – referente per il Triveneto del dialogo con i mussulmani
Nella storia moderna, il primo grande spazio di dialogo a nascere fu quello ecumenico, ovvero l’incontro fra cristiani di tradizioni diverse. I grandi gruppi cristiani sono piuttosto noi: cattolici, ortodossi e protestanti, anche se alcune chiese come quella d’Inghilterra hanno una propria storia particolare che non si inserisce esattamente in nessuna delle tre branche.
L’ecumenismo è quindi l’impegno paziente e coraggioso che coinvolge persone delle diverse chiese e comunità cristiane a cercare gli elementi comuni della fede nel Signore Gesù per farne il punto di partenza di un percorso che ci veda camminare assieme.
Forse la prima e più interessante osservazione sull’ecumenismo, almeno per noi, è che esso non nasce nella Chiesa Cattolica e la nostra comunità se ne lascia coinvolgere piuttosto tardi. Gli inizi dell’ecumenismo moderno vengono generalmente collocate nella Conferenza missionaria di Edimburgo del 1910, quando una numerosa rappresentanza di chiese riformate e anglicane, durante un convegno sulla missionarietà nel mondo moderno, lanciarono con forza l’appello alle rispettive comunità per ritrovare nel Vangelo un punto di incontro e comunione fra le Chiese: “per annunciare il Vangelo e non le divisioni tra noi!”.
L’eco di questa conferenza, inaspettatamente, continuò a farsi sentire in Europa anche attraverso gli anni della Grande Guerra. Anzi, forse fu proprio la tragedia della Prima Guerra Mondiale a suscitare nell’opinione pubblica e nelle gerarchie delle chiese del Nord Europa la sensazione che bisognasse fare qualcosa per costruire ponti ed impedire che altre guerre come quella potessero verificarsi. Negli anni tra le Guerre nacquero diversi movimenti internazionali, sempre a matrice protestante e anglicana, che cercavano da un lato di approfondire le questioni bibliche e dottrinali che le diverse comunità potevano sentire come punti in comune, dall’altro offrivano occasioni concrete per agire nella società lavorando assieme tra cristiani di diverse denominazioni. Nel frattempo, mentre le chiese riformate e anglicane approfondivano queste vie di fraternità, la Comunione anglicana avviò degli incontri di conoscenza e amicizia con la Chiesa Cattolica, mentre le Chiese riformate tedesche si avvicinarono agli ortodossi dell’Est e dei Balcani, preparando il terreno per incontri futuri che allargassero il cerchio ecumenico.
Purtroppo, mentre il cammino del dialogo era in pieno svolgimento nel mondo religioso, la politica e l’economia scavarono solchi sempre più profondi, e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale costrinse anche le Chiese ad occuparsi di altro. Solo nel 1948 i movimenti ecumenici poterono riunirsi nella Conferenza di Amsterdam, fondando il Consiglio Ecumenico delle Chiese (detto anche Consiglio Mondiale delle Chiese), un organo internazionale a cui partecipano liberamente 349 chiese cristiane di ogni appartenenza e denominazione. Per molti anni il Consiglio Ecumenico contò i propri aderenti solo fra le chiese riformate, anglicane e ortodosse, finché lo spirito profetico di Papa Giovanni XXIII costrinse anche la Chiesa Cattolica a porsi il problema ecumenico.
Attualmente, la Chiesa Cattolica continua a non fare parte del Consiglio Ecumenico delle Chiese, ma vi partecipa come osservatrice e collabora limitatamente alla Commissione “Fede e Costituzione”, che si occupa dei temi di teologia e di fede. Grazie a questa partecipazione, nel 1982 venne pubblicato a Lima un documento intitolato “Battesimo, Eucaristia e Ministero”, che raccoglie tutti gli elementi comuni fra le Chiese cristiane relative a questi tre aspetti fondamentali della vita cristiana ed ecclesiale.
Tutte queste date e questi nomi, ancora poco noti al grande pubblico, sono appena la punta dell’iceberg e fanno da bandiera per indicare migliaia e migliaia di persone, uomini e donne, di ogni età, provenienza ed appartenenza cristiana, che ormai da oltre un secolo si impegnano per promuovere nelle proprie comunità la sensibilità ecumenica.
Per noi cattolici, credo, è prezioso ricordare come il movimento ecumenico non sia nato da noi, ma costituisca un dono che riceviamo grazie all’intraprendenza delle chiese riformate e anglicane. Questo dono ecumenico ci viene offerto nella storia complessa dei rapporti tra le nostre comunità, come segno di pace e di fraternità nel nome di Gesù. La nostra Chiesa è ancora in cammino, e forse non è sempre al passo, ma una volta intrapresa la via dell’ecumenismo grazie al Concilio Vaticano II, non ha mai abbandonato questa strada di comunione.
Le sfide sono molte, e spesso hanno poco a che fare con la teologia e con la fede. Oggi le esperienze ecumeniche sono davvero numerose, frequenti e molto curate, tanto che in ogni diocesi d’Italia esistono un ufficio specializzato nell’ecumenismo e fitti programmi di iniziative di formazione, d’incontro e di preghiera. Tutto questo, appena settant’anni fa, sarebbe stato impensabile.
L’ecumenismo è così per noi, oggi, un segno prezioso di speranza: ci dice che anche nella Chiesa le cose cambiano, e possono cambiare per il meglio! Certo restano difficoltà reali, ma sono soprattutto a livello istituzionale. Oggi vediamo chiaramente come i fedeli ortodossi, spesso arrivati in Italia dall’estero per motivi di lavoro, frequentano senza preoccupazione le chiese cattoliche per la preghiera personale, e la collaborazione tra le diocesi cattoliche ed ortodosse arriva fino a prestare delle chiese ai preti ortodossi perché possano celebrare con le loro comunità.
Oggi sappiamo, finalmente, che l’essere tutti discepoli dello stesso Signore Gesù è un elemento di comunione così forte da superare nei fatti ogni altra questione divisiva.
Questa bella consapevolezza ha bisogno però di essere sostenuta anche da alcune idee, ed alla fine di questo articolo voglio proporvene una: la Chiesa cristiana non è mai stata solo una, e quindi non ci deve stupire se anche oggi i cristiani possono sentirsi fratelli pur restando legati a tradizioni diverse.
Quando dico che la Chiesa non è mai stata solo una, intendo dire che già al tempo degli Apostoli le comunità cristiane nacquero ciascuna a proprio modo, a partire dalla testimonianza di uno o di un altro dei discepoli di Gesù, oppure di altre figure che dagli Apostoli avevano ricevuto il Battesimo e una prima istruzione. Gli Atti degli Apostoli e le loro Lettere ci raccontano di un mondo cristiano in cui ogni Chiesa aveva tanto la chiara percezione della propria identità e indipendenza, quanto il desiderio di essere in comunione con le altre e formare così un solo corpo in Cristo.
Fu solo gradualmente che cinque grandi Chiese assunsero il ruolo di guida nel mondo cristiano, i famosi patriarcati di Roma, Costantinopoli, Gerusalemme, Alessandria d’Egitto ed Antiochia di Siria. Ancora una volta, vediamo come la storia cristiana ci offra l’immagine di una Chiesa di Chiese, una comunità cristiana fatta di diversi soggetti, ciascuno con una propria storia e tradizioni particolari, chiamati a ritrovarsi insieme, riconoscendosi uniti in Cristo nel rispetto di differenze che non dividono.
Sarebbe facile cadere nella tentazione di pensare che al principio ci sia stata una sola Chiesa cristiana (la nostra, ovviamente), e che da quella Chiesa si siano poi via via separate delle sette scismatiche. Ma non andò così. Purtroppo, a causa di vicende culturali e politiche, le Chiese del Mediterraneo Orientale ebbero sempre meno contatti con la Chiesa di Roma, e nel corso di alcuni secoli questa mancanza di comunicazione le rese estranee, al punto da non comprendersi e non riconoscersi più come sorelle in Cristo.
In modo diverso, la Chiesa cattolica crebbe e si sparse nel mondo inserendosi in culture e popolazioni molto diverse, e gradualmente alcune comunità svilupparono tradizioni proprie, linguaggi e liturgie, formule di fede e costruzioni teologiche da cui nacquero sensibilità e convinzioni sempre più difformi. Alla fine, quando a questo naturale sviluppo si unirono le crescenti tensioni politiche e identitarie dei popoli europei, anche il tessuto cristiano si lacerò e la comunità originaria delle Chiese fu dimenticata, lasciando ad ogni gruppo cristiano la sensazione di essere rimasto l’unico a custodire la vera tradizione evangelica.
Solo quando, dentro e fuori le Chiese, crebbe la bella sensibilità moderna al dialogo, alla pace, all’incontro fraterno ed al rispetto per tutti, fu grazie a questi doni provvidenziali che anche nelle istituzioni ecclesiastiche si cominciò a guardare con fiducia verso i membri di altre comunità. L’ecumenismo è stato possibile perché l’intero mondo, e non solo i cristiani, ha sperimentato una crescita morale collettiva, nel rifiuto sempre più deciso della violenza e nella riscoperta di valori davvero evangelici come la fraternità e la pace.
Ricordiamo allora che nel dialogo ecumenico noi cattolici siamo ospiti due volte, prima del mondo umano che è cresciuto con noi ed ha saputo offrirci uno spazio favorevole all’incontro amichevole tra diversi, e poi delle chiese riformate ed anglicane che per prime hanno sentito l’urgenza di raccogliere la sfida del dialogo.
Entriamo così in punta di piedi, da ospiti e non padroni di casa, nel mondo complesso e affascinante del dialogo fra cristiani. Un mondo che esige da noi anche la fatica dello studio e della conoscenza. Lunghi secoli di separazione e mancanza di comunicazione ci hanno resti estranei in molte cose, e abbiamo bisogno di conoscere la vita di fede degli altri cristiani, le loro abitudini religiose, le pratiche di devozione, le figure di grandi uomini e donne che sono di esempio nelle loro chiese, i riti con cui celebrano la fede in Cristo Risorto.
Che il Signore conceda a tutti noi una santa curiosità, per usare bene delle molte occasioni e dei tanti strumenti che il mondo di oggi ci mette a disposizione, imparando a cercare, scoprire e conoscere le tante bellezze dei nostri fratelli cristiani. A partire da questo potremo imparare sempre più a stimarci a vicenda, perché il mondo veda come ci amiamo e da questo comprenda di Chi siamo discepoli.
Numero di Febbraio 2022