Sulle tracce della santità


Don Gianluca Padovan – Sacerdote della diocesi di Vicenza – Delegato vescovile per il dialogo interreligioso – Referente per il Triveneto del dialogo con i mussulmani


Che cos’è la santità?

Una introduzione alla concezione cattolica di santità, e alcuni argomenti per riconoscere che anche fuori della Chiesa vi sono esempi universali di questa virtù fondamentale. Poi alcune esortazioni e la figura di Charles de Foucauld come primo compagno di strada in questo nuovo cammino di scoperta.

Cari amici, ci ritroviamo per un nuovo ciclo di ricerca e riflessione nel mondo delle tradizioni cristiane e delle religioni. Desidero intraprendere con voi un viaggio sulle tracce della santità, elemento centrale nell’identità cristiana e nella vocazione di ciascuno di noi, ma anche categoria umana che appartiene a tutti e viene indagata e vissuta da molte tradizioni spirituali e filosofiche.

Com’è mia abitudine, sento anzitutto il bisogno di chiarire il significato della parola “santità”, cosicché sia possibile trovare le somiglianze e le differenze che permettono il dialogo con le esperienze religiose diverse da quella cattolica romana. Non troppo tempo fa, nel 2011, papa Benedetto XVI teneva una catechesi in cui spiegava che «La santità non è altro che la carità pienamente vissuta». Questa bella sintesi ha avuto fortuna, visto che è stata ripresa da papa Francesco nell’esortazione Gaudete et Exultate del 2018, e resta al momento una valida definizione per esprimere la comprensione cattolica di questo concetto, visto che la riprende anche la Congregazione per le cause dei Santi in una nota del 2022: “Elementi per una definizione della santità, oggi”. Papa Benedetto rimandava al testo del Catechismo della Chiesa Cattolica, che al numero 826 sottolinea: «La carità è l’anima della santità, alla quale tutti sono chiamati», e lo stesso Catechismo a sua volta sta citando il numero 42 della Lumen Gentium del Concilio Vaticano II. Ho voluto insistere nel riportare tutte queste citazioni per mostrare come ci sia un filo rosso, sottile ma resistente, che ci mette in comunione con tutto il cammino di rinnovamento della Chiesa che ha avuto nell’ultimo Concilio il proprio culmine e nuova partenza. Se in passato è accaduto che la santità fosse a volte troppo connessa a fatti straordinari ed inspiegabili, ad atti eroici riservati a pochi o ad acclamazioni di popolo più legate alla fama e alla buona propaganda che alla concretezza del quotidiano, ecco che oggi siamo chiamati a fare memoria di quella che fu sin dal principio la radice cristiana della santità: amare Dio e il prossimo, pienamente e fino alla fine. 

Dopotutto questo è il primo e il più grande dei comandamenti, leggiamo in Mt 22, 37-40, ma personalmente trovo ancora più significativo quanto è scritto in Gv 13,1: «Il Signore Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine». Sì, la carità ha tutte le carte in regola per costituire la proverbiale cartina di tornasole della santità. E qui si apre, credo, la possibilità per una indagine sulla santità anche al di fuori della Chiesa Cattolica Romana. Lo stesso Magistero parla esplicitamente di elementi di santità presenti nelle altre Chiese cristiane, ed è da lì che partiremo, ma cercheremo anche di spingerci oltre, alla scoperta di persone non cristiane che con la propria umanità credente hanno coltivato questo doppio amore a Dio e al prossimo. Che sia possibile vivere una vita buona e degna della Salvezza di Cristo anche al di fuori della comunità cattolica, la Chiesa lo insegna come Magistero ufficiale sin dal 1949, quando per la prima volta l’allora Sant’Uffizio scrisse in proposito all’Arcivescovo di Bonn che chiedeva delucidazioni. È una facile deduzione, per quanto non scontata, che se Dio stesso apre le porte della Sua casa a persone di ogni luogo, cultura e appartenenza religiosa, ciò significa che queste persone hanno praticato più o meno bene la santità nella propria vita, così come accade a ciascuno di noi battezzati. 

Anche se talvolta si incontrano ancora delle resistenze nelle comunità cattoliche, dobbiamo abituarci a riconoscere che il Battesimo in sé non ci rende più o meno santi degli altri. Ci offre, questo è vero, la possibilità di fare parte della Chiesa, e quindi di godere dell’aiuto della comunità e dei tanti strumenti preziosi come la Scrittura biblica, i Sacramenti, il Magistero e la Tradizione, tutte cose che, assieme alla frequentazione quotidiana di altri cristiani che cercano di darci il buon esempio, ci rendono più facile fare discernimento tra ciò che è bene e ciò che è male, scegliendo il primo anche quando dobbiamo pagarne il prezzo in prima persona. Essere cristiani cattolici non è una bandiera identitaria, né un privilegio di cui inorgoglirsi, ma un’occasione da sfruttare, per cui essere grati e di cui essere responsabili, come i talenti dell’omonima parabola in Mt 25. Per contro, questa nostra condizione di battezzati non ci deve mai allontanare dagli altri uomini e donne, ma piuttosto renderci più sensibili a cogliere le loro gioie, speranze, tristezze ed angosce; la nostra ricerca quotidiana di santità, il nostro guardare con ammirazione ai grandi esempi dei Santi, a cominciare dalla Madre di Dio, educa il nostro sguardo perché posandosi sui volti di chi incontriamo ogni giorno possa intravedere la lotta quotidiana di ogni persona per scegliere il bene. Se la santità degli altari è giustamente riservata a coloro che hanno abbracciato la fede cattolica e l’hanno vissuta in modo esemplare, la santità quotidiana è universale ed altrettanto preziosa. 

È questa santità che abbiamo bisogno di imparare e riconoscere attorno a noi, per sfuggire alla tentazione di immaginarci un mondo che va sempre peggio, cadendo nel peccato della disperazione. Se ci pensiamo bene, infatti, ci accorgiamo che a fare la differenza non è un qualche sentimento di pessimismo o di ottimismo, ma la fiducia in Dio e la percezione di come compiere atti concreti di carità faccia cambiare il mondo. Non possiamo consegnarci alla sola testimonianza dei media, il cui lavoro è colpirci con notizie sempre più forti ed impressionanti, ma è compito nostro affinare i sensi fisici e spirituali per imparare a vedere come la santità cresce nel mondo, sempre di più. Questo è il piccolo seme che allunga le radici e stende i rami fino a diventare grande, e il granello di lievito che pian piano spinge tutta la pasta a crescere. 

Allargando il campo d’indagine alle altre comunità cristiane ed alle altre religioni, spero di offrire a tutti voi alcune ragioni convincenti per riconoscere che Dio non ha smesso di operare, e che il Suo Spirito continua a soffiare dove vuole, ad andare e a venire per le vie che Lui solo conosce trovando quei percorsi segreti che arrivano al cuore di ogni uomo e di ogni donna, in ogni luogo e in ogni tempo. Grazie a Dio il mondo di oggi è più santo del mondo di ieri, e il mondo di domani sarà ancora più santo! Sebbene la strada sia lunga ed il Regno avanzi a piccoli passi silenziosi e discreti, pure questi passi vengono compiuti, e talvolta lasciano nella vita di alcune persone delle tracce più profonde che diventano evidenti e vengono condivise. Nei prossimi mesi, dunque, vi accompagnerò a conoscere per nome alcune persone, credo poco note, di altre comunità cristiane e di altre religioni, che nella propria vita hanno cercato di praticare la carità verso Dio e verso il prossimo. Così hanno dato spazio alla santità, hanno fatto del proprio meglio per convertirsi e chiedere perdono dei propri peccati, ed hanno lasciato gesti e parole che sono rimasti di esempio e che parlano a tutti, non solo ai membri della loro stessa comunità. 

In conclusione, desidero suggerire una prima figura di santità, quella di Charles de Foucauld, che è stato canonizzato il 15 maggio del 2022. Dopo una vita movimentata, segnata dalla morte dei genitori, la perdita della fede, la carriera militare e poi il successo scientifico come esploratore delle regioni desertiche del Marocco, confrontandosi con il mondo islamico marocchino torna alle radici della propria esperienza religiosa cristiana. La sua riscoperta della fede lo porta a diventare prete ed a recarsi in Algeria con lo scopo di vivere da fratello di Cristo tra i fratelli e le sorelle dell’Islam, con quello che lui chiamava lo “stile di Nazareth”, ovvero una vita semplice che rifugge dai grandi proclami e testimonia l’amore di Cristo nell’amare il prossimo. Conosciuto oggi come “fratello universale”, San Charles de Foucauld sperimentò con forza il fallimento, non riuscendo a fondare la congregazione religiosa che sognava e non trovando discepoli disposti a condividere le sue scelte radicali di dono di sé in un contesto di minoranza e marginalità. Così scrive in una lettera del 1890, sintetizzando la sua personale idea di vita santa: «È dunque impossibile amare Dio, voler amare Dio senza amare, voler amare gli uomini: più si ama Dio, più si amano gli uomini. L’amore di Dio, l’amore degli uomini è tutta la mai vita, sarà tutta la mia vita, lo spero».

Invito tutti ad approfondire questo santo contemporaneo, che ha tanto da offrire al necessario rinnovamento della Chiesa Cattolica, e che è ancora così poco conosciuto! Sia il primo compagno di strada che ci introdurrà ai nomi e ai volti che, con più precisione, andrò a delineare nel prossimo futuro.