Che cos’è l’Oriente Cristiano, e quale contributo offre al nostro cammino di fede in Occidente?


Don Gianluca Padovan – Sacerdote della diocesi di Vicenza – Vice delegato vescovile per il dialogo interreligioso – referente per il Triveneto del dialogo con i mussulmani


Cari amici, dopo aver condiviso con voi una serie di interventi sul dialogo, ritorno alla vostra rivista con alcuni approfondimenti sulle esperienze spirituali dell’Oriente Cristiano. Questo “Oriente” è costituito da una pluralità di Chiese e comunità cristiane millenarie, residenti in territori che vanno dall’Egitto alla Cina, e porta con sé percorsi storici, teologici e devozionali che spesso hanno seguito strade originali e per secoli non hanno avuto contatti con il nostro mondo cristiano occidentale. Sono quindi realtà capaci di restituirci uno sguardo diverso sulle Scritture e sull’impegno quotidiano di incarnare la nostra fede nella vita di tutti i giorni. E, come abbiamo più volte ribadito nei contributi passati, riconoscere e comprendere le differenze è il punto di partenza per un dialogo nel quale ciascuno impara qualcosa di nuovo e si converte sempre più, cambiando se stesso in meglio.

Cerchiamo allora di approfondire anzitutto il significato delle parole che usiamo: che cos’è questo “Oriente Cristiano”? Dal momento che la Terra è sferica, infatti, non esistono un oriente e un occidente, e nemmeno un nord e un sud; si tratta di convenzioni stabilite da noi esseri umani e più o meno condivise da tutti i popoli. Ad esempio, in lingua cinese, la Cina stessa non si chiama così, ma Zhong-guo, il “Paese di mezzo”, poiché dal punto di vista dei cinesi la loro nazione è al centro del mondo, con l’Europa e l’Africa ad occidente e le Americhe ad oriente. I Cinesi non pensano a se stessi come a degli “orientali”, e solitamente non definiscono gli Stati Uniti come un paese “occidentale”. Tuttavia, anche in Cina, oggi si conosce l’uso politico e culturale di questi aggettivi nelle lingue europee, e con un po’ di pazienza possiamo metterci d’accordo e arrivare a comprenderci.

In ambito cristiano, “oriente” ed “occidente” hanno un significato tecnico preciso, derivato dalla storia delle persone che costituivano le prime comunità. Per gli uomini e le donne delle prime generazioni cristiane, infatti, il mondo conosciuto era più o meno coincidente con i confini del grande Impero di Roma, esteso principalmente lungo le coste del Mediterraneo. Questo mare interno ha la caratteristica di essere molto più lungo che largo, per così dire, diviso quasi a metà dalla penisola italiana e dalla Sicilia, che si estendono sin quasi a toccare la Tunisia e generano da sempre l’idea di un Mediterraneo occidentale ed uno orientale, con i mari Adriatico e Ionio a fare da spartiacque. La divisione marittima ha un corrispettivo sulla terraferma, che sin da prima dell’espansione romana già vedeva i primi segni delle future distinzioni: gli antichi greci fondano le loro colonie sempre nella parte orientale, spingendosi sino in Italia meridionale e risalendo fino al Mar Nero e alla Crimea, mentre i Fenici costeggiano il Nord Africa e pongono le basi dell’influenza cartaginese in Algeria, Marocco e Spagna. Secoli dopo, il grande imperatore di Roma Traiano tenta di risolvere le difficoltà logistiche ed amministrative dell’Impero dividendolo in due parti, ciascuna con un suo apparato di governo e forte autonomia economica e militare: la parte occidentale e quella orientale, appunto. Questa divisione non era l’unica possibile; Traiano avrebbe potuto dividere l’Impero utilizzando il mare, separando la parte settentrionale da quella meridionale, oppure avrebbe potuto riprendere una divisione in tre parti, che già si era verificata al tempo delle rivolte del …, individuando una parte europea, una africana e una asiatica. Ma a dominare la visione del mondo del suo tempo era invece la distinzione fra l’occidente latino e l’oriente greco, consegnando alla storia l’idea di un’Europa occidentale ed una orientale, sebbene la geografia non indichi confini chiari fra le due parti. Persino il Nordafrica porta ancora oggi i segni di questa scelta dell’imperatore, poiché in lingua araba Marocco, Algeria e Tunisia fanno parte del Maghreb, che significa appunto “occidente”, distinti da Libia ed Egitto che si sentono parte del “Medio Oriente”, pur trovandosi chiaramente in Africa.

La distinzione burocratica introdotta da Traiano contribuisce a generare una nuova visione del mondo, che percepisce una sempre più netta separazione fra Occidente e Oriente. In realtà, negli anni successivi, alcuni imperatori riunirono il governo nelle proprie mani, e l’ultimo sovrano universale di Roma fu Teodosio, al quale si deve la conversione dell’Impero al Cristianesimo nel 380. Egli morì nel 395, dopo essere intervenuto con forza nell’organizzare la vita delle Chiese cristiane proprio sulla base delle divisioni amministrative romane, ed i suoi figli Onorio ed Arcadio si spartirono definitivamente i territori. Le comunità cristiane del IV e V secolo, finalmente libere di far parte della società romana dopo il lungo periodo di emarginazione e a tratti di persecuzione, parteciparono pienamente a questo progressivo distinguersi delle due parti del mondo imperiale.

Le Diocesi, a cui oggi diamo un senso unicamente religioso, erano originariamente dei distretti amministrativi romani, e così pure le Metropolie, come Aquileia (oggi sostituita da Venezia) e Milano, erano i centri del governo regionale della burocrazia. La Chiesa si adegua a questa spartizione del territorio già da tempo consolidata, e organizza la propria presenza nelle città e nei paesi seguendo le grandi strade e le abitudini del tempo, proprio come oggi si raggruppano le parrocchie tenendo conto della viabilità e degli spostamenti delle persone che ci abitano. Per capirci, non avrebbe senso unire due parrocchie separate da un fiume sul quale non passano ponti, mentre è opportuno collegare due comunità i cui bambini frequentino la stessa scuola elementare. Le Chiese antiche seguirono gli stessi ragionamenti, e così si trovarono a ricalcare anche la distinzione tra Oriente ed Occidente. In questa distinzione si inserirono poi le fratture determinare dalle invasioni dei popoli germanici a ovest e dalle guerre contro i Parti ad est, che allontanarono sempre più le due metà dell’Impero. Il sorgere di nuove nazioni, la conseguente militarizzazione dei confini, lo sfaldarsi progressivo dell’organizzazione statale che non poteva più preoccuparsi di mantenere in efficienza la grande rete stradale, la crisi economica che determinò una forte riduzione dei collegamenti marittimi, tutto questo contribuì a ridurre gli scambi e le comunicazioni fra l’Occidente e l’Oriente di Roma, e man mano che cessavano di frequentarsi, anche gli abitanti di questi territori divennero sempre più estranei tra loro, fino a perdere la capacità di sentirsi parte di un unico mondo.

Nacquero così le identità locali, spesso legate ad alcune etnie dominanti, come i vari popoli germanici in Occidente, i greci e gli arabi in Oriente, ma sopravvisse la percezione di appartenere a questi due grandi insiemi dell’Ovest e dell’Est. Le Chiese, che avevano i propri riferimenti nelle cinque sedi patriarcali, si ritrovarono divise in modo nettamente squilibrato: i quattro patriarcati di Antiochia, Costantinopoli, Alessandria e Gerusalemme erano tutti situati nella parte orientale, mentre il patriarcato di Roma si ritrovò solo in quella occidentale. Fu così che, nel lento passare di alcuni secoli, la Chiesa d’Occidente maturò esperienze diverse da quelle d’Oriente, e col crescere delle differenze diventò sempre più difficile confrontarsi e comprendersi, al punto che alcune sfide percepite da una parte non erano intese nella loro complessità dall’altra, e così pure le soluzioni adottate da una Chiesa talvolta apparivano incomprensibili o erronee ad un’altra. Il progressivo stratificarsi di queste incomprensioni, unito alle tensioni politiche e militari fra i nuovi regni che si contendevano i territori di Roma, la volontà di molti sovrani di intervenire negli affari religiosi e la compiacenza di alcune autorità ecclesiastiche in tal senso, nell’insieme portarono le Chiese a percepirsi sempre più estranee tra loro, in particolare rendendo la differenza fra Occidente ed Oriente sempre meno una risorsa e sempre più un ostacolo.

Oggi, tuttavia, grazie alle numerose riforme ed alla riscoperta del patrimonio comune tanto in ambito cattolico quanto ortodosso e protestante, ci troviamo nell’inedita e meravigliosa condizione di poterci esplorare a vicenda con stima, andando alla ricerca dei doni che lo Spirito ha fatto alle Chiese ed arricchendoci gli uni gli altri nel rispetto delle differenze che ci caratterizzano. Oggi, finalmente, per la prima volta dopo secoli di incomprensioni e di ostilità, possiamo attingere al pozzo profondo delle tradizioni delle altre Chiese senza timore, perché sappiamo di essere uniti attorno all’unico Signore Gesù. Con l’unico dovere di praticare il discernimento su tutto quanto scopriamo, per ritenere ciò che è buono e lasciare ciò che è inutile o dannoso, abbiamo le chiavi per aprire gli scrigni delle tante tradizioni cristiane nate dall’incarnazione della fede nelle diverse culture e popolazioni. 

Nei prossimi contributi, quindi, vi accompagnerò alla scoperta di alcune sensibilità e pratiche spirituali dei cristianesimi orientali, nella speranza che questo contribuisca al progresso di ciascuno nel proprio cammino di fede.