Intervento della Presidente Nazionale in apertura del Convegno

Un cordiale e fraterno benvenuto a tutti.

E’ l’ottavo Convegno nazionale che l’Associazione propone nei 32 anni trascorsi dall’approvazione da parte della CEI. (1982-2014)

Preparare e celebrare un convegno anche se comporta  fatica, attesa, a volte momenti di scoramento, è sempre un evento che consente di sperimentare quanto il Signore colma le nostre povertà , le nostre chiusure, le nostre aspettative.

I tempi che viviamo, come società, come Chiesa, come Associazione non sono facili come non lo erano i tempi passati: sono cambiate le situazioni, le esigenze, la mentalità delle persone (compreso noi), ma la chiamata che abbiamo ricevuto: servire  la Chiesa attraverso il servizio al prete, ha sempre lo stesso fondamento, il Cristo; lo stesso modello: Maria che vive accanto a Gesù, si fa sua discepola e lo accompagna nel cammino di fedeltà al disegno del Padre.

Perché un convegno nazionale?

Potremmo dire: non bastano i nostri incontri diocesani?

Per la nostra formazione non basta l’aiuto che ci viene dalla rivista?

Nello Statuto al n.3 dove si parla degli scopi che si propone l’Associazione, si dice che tra altri, ha quello di: “aiutare i familiari del clero a comprendere sempre meglio, nella luce della fede, l’identità della propria missione; a vivere il loro quotidiano lavoro come prezioso servizio al Signore e alla sua  Chiesa; a impegnarsi a crescere nell’equilibrio umano, nella rettitudine morale e nella spiritualità che tale servizio richiede.”

Un nostro Convegno ha sempre di mira questi obiettivi.

Penso quindi  abbia avuto buoni motivi, il Consiglio nazionale se ha deciso di ripetere l’esperienza del ritrovarci da diverse diocesi e Regioni dove l’Associazione è presente. Allargare l’orizzonte è sempre una ricchezza, moltiplica i doni che sono in ciascuno di noi. Convenire da luoghi diversi e ritrovarsi uniti ci aiuta a sperimentare che Qualcuno al di sopra di noi ci ha convocato e ora ci unisce, crea legami, vincoli per sperimentare che siamo ‘famiglia’ nella Chiesa e per la Chiesa.

Perché a Torino: non è stato facile organizzare il Convegno qui (avete visto che siamo ospitati in strutture diverse!), ma Torino ci è sembrato il luogo che, più di altri, poteva  aiutarci a riflettere, a sperimentare ciò che da 3 anni anche attraverso la rivista

Infatti avete ben presente il titolo dello ‘SPECIALE’ della rivista: “TESTIMONI di una CHIESA dal volto di FAMIGLIA”. Educhiamoci alla vita buona del Vangelo.

Mi fermo brevissimamente su 3 parole :

Testimoni: abbiamo ritenuto importante, nel nostro cammino, tenere lo sguardo su dei testimoni, dei modelli che come noi hanno camminato su questa terra, hanno incontrato difficoltà, fatiche, ma tutto questo non ha impedito loro di vivere il Vangelo, di trovare le giuste strade per essere discepoli e apostoli di Cristo  nel loro tempo, nel loro contesto di vita sociale e di Chiesa.

La Chiesa italiana in questo decennio ci invita a riflettere sulla “vita buona del Vangelo”, quindi anche per rimanere dentro al cammino della Chiesa abbiamo subito guardato a San Giovanni Bosco che nel suo tempo è stato un educatore delle giovani generazioni più disagiate, più ai margini della società.

Accanto a San Giovanni Bosco c’è una Familiare, la sua mamma: avremo modo di conoscere meglio il suo vissuto e  trovare  così forza, incoraggiamento per il nostro servizio al prete.

Chiesa: Noi viviamo nella Chiesa, siamo Chiesa, siamo chiamati ad amare la Chiesa ad esserne i costruttori secondo i propri doni, la propria vocazione.

L’esperienza, la testimonianza di S.G.Bosco ci insegna che anche nella chiesa non sempre tutto è facile, non sempre regna l’amore tra i membri; Lui ci insegna che fare la volontà di Dio chiede sacrificio, obbedienza, penitenza, pazienza, ma nello stesso tempo tenacia, chiede di stare in ascolto del Signore per conoscere ciò che vuole da me, oggi.

Famiglia: siamo tutti pronti a riconoscere che la famiglia oggi è in crisi, si fatica a vivere la comunione, la comprensione, l’accettazione dell’altro, ecc… Siamo altrettanto pronti a riconoscere che anche noi, come Chiesa, come popolo di battezzati (cristiani) siamo poco famiglia?

Nelle nostre parrocchie, nella comunità cristiana in cui viviamo, operiamo e collaboriamo col sacerdote, viviamo uno stile di famiglia? Siamo fratello, sorella, padre, madre di tutti?

Lo scorso giugno 2013, a Roma nel corso di formazione per Dirigenti e Assistenti abbiamo sottolineato che «pur nel mutare delle situazioni “la radice da conservare viva e vitale è la FAMILIARITA”, ma oggi muta e si arricchisce il significato di questo termine perché passa dall’indicare l’abitare nella casa parrocchiale per un servizio domestico, a rappresentare un rapporto umanizzante. 

Il familiare continua ad offrire una collaborazione diretta e personale  alla persona  e al ministero del prete o a una comunità presbiterale, cioè svolge delle mansioni, dei lavori, ma oggi si è compreso più in profondità che con l’attività concreta materiale si offre un apporto di umanità. L’obiettivo è costituire con il prete un contesto di famiglia, come dovrebbe avvenire, sebbene in modi diversi, del rapporto con tutte le componenti del popolo di Dio».

Non è certo un cammino facile, perché non è facile la conversione!

Questo passaggio a intendere in modo nuovo la ‘familiarità’ da vivere con il prete e nella comunità cristiana richiede preghiera, fiducia che il Signore cammina con noi, richiede uno spirito nuovo, richiede di camminare insieme, richiede di vivere ‘familiarità’ prima di tutto dentro l’Associazione, ci chiede di vivere relazioni mature, libere da atteggiamenti egoistici e puerili, ci chiede umiltà, in una parola ci chiede santità.

In questo passaggio, in questo ‘oggi’ ci è di aiuto la testimonianza di S.G. Bosco e di mamma Margherita: hanno saputo dare risposta concreta ai problemi del loro tempo. Mamma Margherita in qualche modo ha collaborato perché don Bosco fosse fedele a ciò che gli chiedeva il Signore: ha ‘servito’ la vocazione del figlio. Come ciascuno di noi è a servizio di un’altra vocazione: quella del prete.

I figli spirituali di don Bosco ci aiuteranno a comprendere ancora meglio la nostra vocazione, a mettere dentro di noi quel ‘fuoco’ indispensabile per vivere ogni giorno la nostra missione nella Chiesa.

Il convegno avrà certamente  momenti faticosi e qualche imprevisto sempre possibile, ma vogliamo iniziare con la certezza che sarà occasione di ricchezza interiore, sarà come fare un ‘bagno’ che porta freschezza e gioia, che ci spingerà ad essere strumento di educazione e proposta per altri Familiari che lo sono di fatto ma senza esserne consapevoli.

Concludo richiamando alcune espressioni di una delle preghiere che ci impegniamo a recitare ogni giorno:

Ti benediciamo, Padre,

Signore del cielo e della terra

per la grazia e la bellezza della nostra vocazione

a servizio di Cristo, tuo Figlio,

nella persona dei ministri della Chiesa.

 Donaci la sapienza del cuore

per essere sempre, sull’esempio di Maria,

docili alla voce dello Spirito

per essere accanto ai sacerdoti

umili presenze di amore e di pace,

disponibili e accoglienti,

capaci di ascoltare, compatire e consolare,

di custodire e meditare nel cuore ogni cosa.

 A ciascuno auguro buon lavoro e lascio la parola a don Pier Giulio,  che ci presenterà e introdurrà nell’itinerario dei tre giorni che vivremo.

Anna CAVAZZUTI