L’ANFORA IMPERFETTA

L’umanità della Chiesa, un tesoro in vasi di creta: Cristo, via verità e vita.

Familiari del clero e centralità di Cristo nella vita personale e nell’esperienza ecclesiale.

 

San Paolo nella lettera ai Corinzi (2, 4-7) parla del tesoro – Cristo – che i cristiani posseggono in vasi di creta fragili ed umili.

Il rapporto tra il tesoro e la creta è un’immagine molto efficace per illustrare il rapporto tra ciò che vale e ciò che vale meno, fra ciò che rimane e ciò che perisce.

E proprio il contrasto tra la grandezza di Dio e la debolezza umana di chi annuncia il messaggio mette in evidenza il vero tesoro che è Cristo Gesù.

Noi siamo il popolo di Dio che è, nelle mani del Signore, come il vaso che viene modellato dalle mani del vasaio; “Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa di Israele” (Ger 18,6). Essere vuoti di sé è la condizione indispensabile per potersi educare a vivere come Cristo.

Dice l’Arcivescovo Scola: ”Avere il compito e il dono di pensare secondo Cristo è riconoscere nella persona di Gesù il criterio per abbracciare, leggere, guardare tutta la realtà e pensare Lui attraverso tutte le cose”. Il cristiano non ricerca delle conoscenze intellettuali su Gesù, ma assume la sua mentalità, il suo modo di vedere le cose, di stare nel mondo, sentire, di reagire, di valutare, di giudicare, di vivere il lavoro, il riposo, la festa, il dolore.

Gesù vuole renderci consapevoli che l’inquieta ricerca del nostro cuore porta a Lui e nel suo cuore realizziamo la pienezza dei nostri desideri di bene, di salute, di felicità.

Gesù ci aiuta a scoprire la nostra vocazione come amore gratuito e totale, che passa per la croce e il rinnegamento di se stessi per giungere alla scelta di vivere la vita come dono.

La croce è il segno di un amore smisurato, simbolo dell’amicizia che dà la vita anche per i nemici.

Il discepolo vero è colui che, sull’esempio di Gesù, è capace di abbracciare la croce.

Essere discepolo allora vuol dire riconoscere il Messia, assumere il suo atteggiamento filiale di obbedienza al Padre e al disegno di salvezza che lo ha condotto alla croce e alla Resurrezione.

Ma è impossibile amare Cristo se egli stesso non ama in noi. Gesù comunicandoci lo Spirito Santo entra nella nostra esistenza e vive con noi. Il volto di Cristo è l’immagine della sua misericordia, Gesù ci rende capaci di affrontare ogni situazione con la sua mentalità, di giudicare vivere secondo il suo stile in ogni situazione favorevole o avversa, amica o nemica.

Offrire la nostra vita, il nostro corpo come sacrificio gradito a Dio è il suggerimento che ci dà S.Paolo nella lettera ai Romani, anche se non è una scelta facile.

Sentire con Cristo è esercizio di comunione da vivere in comunione con i fratelli, nella  Chiesa, con la comunità. La Chiesa trae dalla potenza del volto di Cristo l’energia per lo slancio evangelico. “ In Lui è chiamata a vivere amica dei poveri, in Lui, appassionato della comunione a vivere intorno ai pastori da Lui voluti, in Lui, servo umile, la Chiesa accetta di farsi consegnare dal Padre alla vita dolorosa fino alla fine”(card.Martini).

Cristo è celebrato nella liturgia, nella preghiera e nei sacramenti della vita ordinaria della comunità. La liturgia tiene in vita la comunità – non il suo attivismo -, le addita il valore della gratuità. La preghiera e l’ascolto della Parola generano un dinamismo che provoca nuovi  linguaggi e stili della Chiesa: lo stile del narrare, del servizio, del dialogo, dell’ascolto, del mettersi in gioco. L’annuncio proclamato è testimonianza della persona di Cristo, perché attraverso di esso si trasmette il volto amichevole di una Chiesa tra le case. La pastorale dei sacramenti è scelta missionaria di una Chiesa dalle porte aperte che incontra i lontani e trasfigura i luoghi dove si vive la vita.

 

 

Ora vorrei raccontarvi una storia meravigliosa che dice quanto la nostra assoluta piccolezza  diventi  grandezza se illuminata dall’ amore del Padre.

 

L’ANFORA IMPERFETTA

Ogni giorno un contadino portava l’acqua dalla sorgente al villaggio in due grosse anfore legate sulla groppa dell’asino. Una delle anfore, vecchia e piena di fessure, durante il viaggio perdeva acqua. L’altra, nuova e perfetta, conservava tutto il contenuto senza perderne neppure una goccia.

L’anfora vecchia e screpolata si sentiva umiliata e inutile, tanto più che l’anfora nuova non perdeva l’occasione per far notare la sua perfezione: “Non perdo neanche una stilla d’acqua io!”

Un mattino, la vecchia anfora si confidò con il padrone: “lo sai, sono cosciente dei miei limiti. Sprechi tempo, fatica e soldi per colpa mia. Quando arriviamo al villaggio io sono mezza vuota. Perdona la mia debolezza e le mie ferite.”

Il giorno dopo, durante il viaggio, il padrone si rivolse all’anfora screpolata e le disse: “Guarda il bordo della strada.”

E’ bellissimo, pieno di fiori!” “Solo grazie a te”, disse il padrone. “Sei tu che ogni giorno innaffi il bordo della strada. Io ho comprato un pacchetto di semi di fiori e li ho seminati lungo la strada e senza saperlo e senza volerlo, tu li innaffi ogni giorno…”.

Considerazioni

Siamo tutti pieni di ferite e screpolature, magari ci sentiamo inutili. Ma se lo vogliamo Dio sa fare meraviglie con le nostre imperfezioni e i nostri limiti.

Ho fatto dei sogni che non si sono avverati. Svaniti all’alba… Ma il poco che, grazie a Dio, si è attuato mi invoglia a non smettere di sognare..

Ho formulato tante preghiere senza ricevere risposta, pur avendo atteso con pazienza. Le poche che sono state esaudite mi danno la forza di pregare ancora.

Mi sono fidato di tanti amici che mi hanno abbandonato e lasciato piangere da solo. Ma quei pochi che mi sono stati fedeli mi incoraggiano ad avere ancora fiducia!

 

Eliana Marcora – Presidente diocesana di Milano

*Educarsi al Pensiero di Cristo – Card. A.Scola