Dal cuore del Vangelo misericordia, carità, giustizia

 

Se intendiamo porre tutto in chiave missionaria, questo vale anche per il modo di comunicare il messaggio. Nel mondo di oggi, con la velocità delle comunicazioni e la selezione interessata dei contenuti operata dai media, il messaggio che annunciamo corre più che mai il rischio di apparire mutilato e ridotto ad alcuni suoi aspetti secondari. Ne deriva che alcune questioni che fanno parte dell’insegnamento morale della Chiesa rimangono fuori del contesto che dà loro senso. Il problema maggiore si verifica quando il messaggio che annunciamo sembra allora identificato con tali aspetti secondari che, pur essendo rilevanti, per sé soli non manifestano il cuore del messaggio di Gesù Cristo. (EG Nr 34)

 

I punti dell’esortazione apostolica che affrontiamo in questo numero della rivista dei collaboratori  familiari del clero, ruotano tutti attorno al tema della trasmissione del Vangelo in chiave missionaria tenendo presente la totalità del suo salvifico messaggio.

Ciò che preoccupa il Papa è che il Vangelo sia annunciato in tutta la sua interezza. Senza – dice il testo – mutilazioni e riduzioni.

Il pericolo di una parzializzazione del messaggio, nasce innanzitutto dal contesto storico in cui viviamo, dove le comunicazioni sono veloci e selezionate ad hoc.

Ce ne accorgiamo quotidianamente. Le informazioni su ciò che accade nella nostra città e nel mondo, le riceviamo spesso attraverso brevi titoli affissi ad un’edicola o qualche riga di sintesi nei siti web d’informazione. Spesso poi ci illudiamo che poche righe ci consegnino la totalità del fatto accaduto, della notizia e non di rado ci facciamo un’opinione in base a pochissime informazioni sull’argomento in questione.

È la velocità delle informazioni che spesso vengono pre-selezionate e pre-confezionate e fanno di noi dei superficiali consumatori di informazione.

Anche la nostra comunicazione interpersonale subisce lo stesso processo. Pensiamo a quanta comunicazione affidiamo agli SMS, che significano proprio questo: “short message service”, ossia servizio di messaggi corti. Anche il nostro rapportarci con gli altri subisce l’influenza della parzializzazione e della riduzione del contenuto a servizio di una comunicazione più veloce.

 

Ascoltando le parole dell’Evangelii Gaudium possiamo fare una prima osservazione: il Vangelo non può essere parzializzato e ridotto a comunicazione lampo. L’evangelizzatore missionario deve innanzi tutto lottare contro questa nostra tendenza comunicativa. Il Vangelo abbisogna d’interezza nell’essere annunciato e trasmesso e questo richiede la costanza nell’annunciatore e la pazienza di chi ascolta. Non possiamo ridurre il Vangelo a brevi spot accattivanti, non si può annunciare il Vangelo con un SMS, ma occorre la pazienza del contadino che esce ogni giorno a seminare. Il Vangelo richiede tempo di ascolto e tempo per essere interiorizzato.

Il Vangelo poi richiede la paziente pratica della vita. Solo nella vita di ogni giorno mi accorgo di come cresce, vive e fruttifica la Parola di Dio in me.

La paziente corsa del Vangelo richiede proprio che lo stesso sia liberato da superficiali metodi comunicativi. Questo credo sia un grande monito che l’Evangelii Gaudium ci consegna.

 

Ma la mutilazione e la riduzione del messaggio evangelico può avvenire non solo attraverso il metodo comunicativo, ma anche a causa delle scelte di colui che annuncia. Ci sono due pericoli individuati dal Papa.

 

Il primo pericolo potremmo definirlo: Ansia di dire tutto.

 

Una pastorale in chiave missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine che si tenta di imporre a forza di insistere. Quando si assume un obiettivo pastorale e uno stile missionario, che realmente arrivi a tutti senza eccezioni né esclusioni, l’annuncio si concentra sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario. La proposta si semplifica, senza perdere per questo profondità e verità, e così diventa più convincente e radiosa. (EG Nr 35)

 

Il secondo pericolo è quello di: Impuntarsi a dire solo quello.

 

Tutte le verità rivelate procedono dalla stessa fonte divina e sono credute con la medesima fede, ma alcune di esse sono più importanti per esprimere più direttamente il cuore del Vangelo. In questo nucleo fondamentale ciò che risplende è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto. In questo senso, il Concilio Vaticano II ha affermato che «esiste un ordine o piuttosto una “gerarchia” delle verità nella dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana». Questo vale tanto per i dogmi di fede quanto per l’insieme degli insegnamenti della Chiesa, ivi compreso l’insegnamento morale. (EG Nr 36)

 

Cadiamo nell’ansia di dire tutto quando annunciamo il Vangelo quasi senza ci sia un domani. Vi confesso che non di rado quando si prepara un’omelia si corre questo pericolo. Ma quando si commenta il Vangelo, quando si trasmette ciò che si è meditato e vissuto, non si può dire tutto. La trasmissione del Vangelo richiede sempre una gradualità e (chiamiamola così) tranquillità. Quante volte le nostre omelie aprono mille argomenti. Quante volte nei nostri incontri cadiamo nella tentazione del “sì ma anche”. L’evangelizzatore sia un attento selezionatore. Alcune cose oggi le puoi dire… le altre le dirai domani e se non sarai tu a dirle, le dirà qualcun altro.

 

Cadiamo nell’impuntarci a dire solo quello quando facciamo di un dettaglio tutto il Vangelo.

 

Molto ironico a questo proposito il numero 38:

 

È importante trarre le conseguenze pastorali dall’insegnamento conciliare, che raccoglie un’antica convinzione della Chiesa. Anzitutto bisogna dire che nell’annuncio del Vangelo è necessario che vi sia una adeguata proporzione. Questa si riconosce nella frequenza con la quale si menzionano alcuni temi e negli accenti che si pongono nella predicazione. Per esempio, se un parroco durante un anno liturgico parla dieci volte sulla temperanza e solo due o tre volte sulla carità o sulla giustizia, si produce una sproporzione, per cui quelle che vengono oscurate sono precisamente quelle virtù che dovrebbero essere più presenti nella predicazione e nella catechesi. Lo stesso succede quando si parla più della legge che della grazia, più della Chiesa che di Gesù Cristo, più del Papa che della Parola di Dio.

 

Citando San Tommaso, Bergoglio ci richiama alla gerarchia delle verità. Non tutto ha lo stesso peso specifico.

 

Quando la predicazione è fedele al Vangelo – continua il Papa al numero 39 – si manifesta con chiarezza la centralità di alcune verità e risulta chiaro che la predicazione morale cristiana non è un’etica stoica, è più che un’ascesi, non è una mera filosofia pratica né un catalogo di peccati ed errori. Il Vangelo invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e che ci salva, riconoscendolo negli altri e uscendo da sé stessi per cercare il bene di tutti. Quest’invito non va oscurato in nessuna circostanza!

 

Quanto è vero tutto questo e che pericolo corriamo costantemente.

Fare di una parte il tutto della nostra predicazione e del nostro annuncio, snatura l’essenza stessa del Vangelo che diventa una serie di accenti dottrinali o morali che procedono da determinate opzioni ideologiche. Il messaggio correrà il rischio di perdere la sua freschezza e di non avere più “il profumo del Vangelo”. (EG Nr 39)

 

Quante volte l’annuncio del Vangelo si è limitato ad un aspetto morale, buono di per sé, ma non esaustivo di tutto il contenuto di salvezza. A cascata potremmo dire che ciò condiziona anche il nostro esame di coscienza e conseguentemente la nostra confessione sacramentale. Ci concentriamo sempre sulla mancanza di una nostra virtù e non riusciamo ad alzare lo sguardo sull’interezza della nostra vita. Questo spesso può avvenire perché in principio c’è un annuncio troppo parziale del Vangelo e non secondo un organico rispetto di ogni verità che Gesù è venuto a testimoniare con la sua vita, la sua morte e resurrezione.

 

 

don Matteo