Lettera importuna ai sacerdoti

Carissimo Sacerdote,

Mi permetto di raggiungerla nella situazione in cui si trova oggi. Magari ha appena celebrato l’anniversario significativo della sua ordinazione sacerdotale, avendo ancora impresso nella sua mente volti, ricordi e presenze riaffiorate nel suo cuore. Oppure è intento a svolgere la sua missione nell’ordinarietà del quotidiano trambusto di impegni che si susseguono, nel clima un po’ frenetico che, a volte, distoglie dal mistero della vita e dalla bellezza delle cose che ci circondano. Potrebbe invece essere indaffarato nell’esperienza entusiasmante ed esaltante dell’oratorio estivo, vivendo con la freschezza dell’impegno il dono della sua esperienza sacerdotale. Non si preoccupi di come si trova. Che sia simpaticamente sudato e abbia magari qualche strappo nella camicia……non importa!

Adesso potrebbe dirmi: mi lasci perdere, non mi interessa…. ho cose più importanti…, come facciamo spesso con i promoter inopportuni.

Soprattutto mi chiederà a quale titolo, con quale autorità mi permetto di disturbarla. Vorrei scambiare qualche pensiero con lei.

Carissimo Sacerdote, mi spinge una motivazione di fondo: il principio della diversità di vocazioni derivante però dalla comune dignità battesimale e dalla missione affidata dal Signore a tutto il popolo di Dio, che fa della Chiesa mistero di comunione missionaria. Anche il fedele laico vive una propria vocazione che lo fa partecipe della missione di Cristo.

Però sono una donna…. Nella Chiesa ambrosiana sono state fatte recentemente riflessioni da parte dei Consigli diocesani Presbiterale e Pastorale su un interessante tema: «Processi per la promozione della reciprocità donne-uomini nella Chiesa ambrosiana». Alla luce di questo evento è risaltato che lo stile di collaborazione tra sacerdoti e laici e, – in particolare donne -, sia da vivere non come una sfida ma come collaborazione più intensa.

Se mi permette entrerei nello specifico della mia scelta di essere Collaboratore familiare del Clero, anche se queste parole sono da precisare meglio. 

Viviamo un tempo in cambiamento, certamente non da oggi. È importante essere donna vicino al Sacerdote con una grande capacità di far emergere la ricchezza delle relazioni, attraverso le ricchezze della sensibilità, dell’intuizione, della generosità, della costanza. Siamo chiamate a condividere un ministero e a rispettare la dimensione profonda del mistero con il proprio stile di cura verso il prete. Creare armonia, prendendosi carico dei bisogni profondi della comunità, alleggerire i sacerdoti delle incombenze minute, e sostenerli invece negli impegni che li toccano in prima persona è un compito di discernimento da esercitare continuamente, con umiltà e fermezza verso se stessi e verso la cerchia più prossima al sacerdote medesimo. Anche noi laici, noi donne in particolare corriamo dei rischi nella collaborazione: a volte il servizio si porta dentro il tarlo della perdita della spinta ideale. Se non vigiliamo, corriamo il rischio di lasciarci sopraffare dalla logica dell’efficienza. Non sono invece i servizi che educano, ma è la testimonianza in cui sono collocati che deve sempre nascere da un cammino personale da fare insieme ad altre persone, dalla dimensione di calda fraternità in cui tutti ci aiutiamo a crescere, in cui lo spazio della Parola di Dio è dentro la vita ed è capace di convertirci sempre. 

Questo compito oggi mi preoccupa molto e di questo se permette vorrei parlare. Rimanendo accanto ai sacerdoti si vedono anche le fatiche pastorali che affrontano. Certo il primo ed unico Amico di un prete è Gesù: lì misura la sua fede, la sua fedeltà, il suo essere uomo del Mistero, anche però uomo della gioia profonda che scaturisce dalla lunga permanenza accanto all’Eucaristia. 

Diceva San PAOLO VI:” I sacerdoti hanno bisogno innanzitutto di stima, perché anche i presbiteri esprimono il meglio di sé non quando sono tesi e guardinghi per difendersi dalle critiche, ma, come tutti gli umani, quando avvertono intorno a sé l’atteggiamento benevolo che apprezza la loro presenza, che riconosce l’essenziale della loro missione».

A noi donne a volte, a causa della sensibilità diversa di cui siamo dotate fa dispiacere cogliere alcuni vostri atteggiamenti di sussulto, inquietudine, chiusura a riccio e percepire possibili rotture di relazioni tra voi confratelli. L’inizio è l’interruzione del dialogo, il rifiuto ad accogliere le indicazioni di un altro, l’impossibilità per puntiglio di rinunciare ai propri punti di vista. Mi permetto di chiedervi di condividere le vostre esperienze o le difficoltà tanto simili alle nostre fatiche anche con noi donne. Insieme con l’intelligenza oltre che la potenza dello Spirito Santo riusciamo a scoprire l’arte di ammonire, evitando sofferenze causate da decisioni impulsive e drastiche, mantenendo però la fermezza nella correzione fraterna. A noi, che viviamo la dimensione familiare sembra necessario a volte pronunciare parole decise in situazioni di conflittualità, con la medesima lealtà e amorevolezza che utilizziamo nelle relazioni complicate che si presentano in famiglia.

Personalmente vorrei vedere soffrire di meno i preti: permettetemi di dirvelo da donna, da persona che coglie nella vostra sofferenza, una innata ritrosia dei preti, così restii a manifestare i lati più sensibili del loro carattere. Ritengo, carissimo Sacerdote, che la complementarietà si manifesti anche in un chiaro rapporto di confronto e di condivisione.

Allora credo che tocchi ancora a noi donne il compito di smorzare la conflittualità, suggerendo passi concreti verso la comunione. È anche compito nostro indirizzare le persone che con noi collaborano nella comunità ad ascoltare ciò che il Signore ha da dirci, per leggere e fare la sua volontà, filtrando con serena saggezza le chiacchiere della parrocchia, imparando a non perdersi nei dettagli della vita quotidiana, evitando di amplificare le vicende minute del paese o del quartiere (ah, la costante tentazione dei “pareri di Perpetua”!). È il modo giusto per concentrare lo sguardo di tutti sull’essenziale. 

Carissimo Sacerdote: lei è uomo dell’incontro, del dialogo, del servizio, dell’amore, della misericordia. 

Voi, Preti siete dei comunicatori formidabili della gioia profonda del Vangelo.

Il legame con i Collaboratori familiari del Clero è un’esperienza che appassiona al servizio alla Chiesa ci riconduce a Gesù Cristo. Rigenera legami di fiducia e corresponsabilità per il bene dei sacerdoti e dei laici. 

Le giare della vita sono pesanti da portare per chiunque, ogni giorno: se sono piene d’acqua, producono poca festa. Possiamo fare insieme questo tratto di strada. Portiamo insieme il vino nuovo che ci aspetta nel Regno della Vita che non muore, sopportiamo insieme le fatiche e le gioie della missione, distribuendolo, perché acquisti significato e meriti tutto il nostro impegno. 

Prego con Lei Maria, Madre della Chiesa, perché ci conduca sulla via di Dio, segnata dalle sue orme e ci indichi la via del coraggio, dell’umiltà e del dono senza riserve.

Con stima e affetto

Eliana Marcora