L’UMANITA’ DI GESU’ IN RELAZIONE AI PECCATORI
di Don Marco D’Agostino: vice rettore del Seminario di Cremona ed esperto biblista.
Le pagine evangeliche che ritraggono Gesù a contatto coi peccatori (da loro si lascia interpellare, è lui che perdona i peccati, non si fa “contaminare” dal mondo dei peccatori ma, al contrario, li risana e li riporta alla comunione con Dio e con i fratelli) sono pagine esemplari e anche molto vicine alla nostra sensibilità.
Vorrei concentrarmi su due figure evangeliche che l’incontro di Gesù rende splendenti e con queste avviarci nel Giubileo della misericordia che il Papa ci propone di vivere come occasione per sentire in noi, dentro, nel cuore e nelle decisioni, la grazia di un Dio che non vuol perdere nessuna delle sue pecore.
Gesù propone una peccatrice come esempio
La prima figura che propongo per la riflessione è la donna peccatrice in casa del fariseo Simone, fatto raccontatoci da Luca in 7,36-50. Quando penso a questo brano, quando lo predico, quando lo medito ho sempre una sensazione di imbarazzo. E non so, sinceramente, quale impressione susciterei in chi mi sta leggendo o nelle persone che mi conoscono se, tornando da qualche incontro serale nelle parrocchie, dovessi fermare la mia Fiat Panda sulla paullese, strada di collegamento tra Cremona e Paullo (Milano), mettere le quattro frecce e intrattenermi con qualche prostituta che “lavora” in quella fascia oraria. Se questo incontro così “equivoco” fosse filmato e documentato e, domani, pubblicato in prima pagina del quotidiano locale? Se le foto rimbalzassero sui social network, su facebook o girassero sui cellulari dei miei alunni io non mi sentirei più a mio agio. Inoltre, vedendosi nelle foto il colletto da prete, darei scandalo a chi mi vedesse “trattare” con quella donna. Arriverebbe, a breve, qualche lettera al Vescovo. E se quella donna, la domenica seguente al colloquio, entrasse nella Chiesa dove celebro l’Eucaristia, si avvicinasse al presbiterio e io, senza dire nulla, la lasciassi fare, permettendo che tocchi i paramenti, in modo sensuale, mi unga e mi profumi, bagnandomi i piedi con le sue lacrime, allora non ci sarebbe più solamente il sospetto e si passerebbe all’indignazione da parte di una comunità che uscirebbe di chiesa. Eppure è esattamente l’imbarazzo della pagina che propongo: il peccato, nella veste della donna peccatrice, che entra, tocca Gesù, si mette ai suoi piedi e chiede a lui compassione e misericordia.
È quello che il fariseo pensa. E come dargli torto?
“Se costui fosse un profeta saprebbe chi è e di quale genere è la donna che lo tocca”. Gesù conosce la donna e la lascia fare, è libero e non si ferma al dettaglio, chiamando tutti, sani e malati, santi e peccatori alla conversione. Diversamente si rimane come si è: formalmente corretti, intransigenti e meticolosi interpreti di una Parola da osservare, ma mai penitenti. Gesù è disinvolto e non si ferma alle formalità. Il suo comportamento scandalizza, sconvolge, chiede di cambiare prospettiva, di pensarla come Lui il quale, se capisco bene, non dice che il male è bene e tutti dovrebbero peccare per capire quanto Dio ci ama, ma predica con la vita che, se anche una persona smarrisce la strada, Dio, in Gesù, è pronto a riabbracciarla. Al fariseo di ogni epoca e cultura sembra dispiacere che una persona lontana torni a casa, sia perdonata da Chi può accoglierla e si senta amata anche più di quando se ne era andata. Questo la Chiesa è chiamata ad annunciare e Papa Francesco non perde occasione per dilatarci il cuore su questo argomento.
La singolare amante si dedica a Gesù con uno stile differente rispetto ai suoi clienti. Anche Gesù è diverso: egli non guarda al suo corpo, tabernacolo di sporcizia e simbolo di un baratto fra piacere e soldi. Gesù guarda al cuore, le parla interiormente per far sì che il suo sguardo misericordioso arrivi a segno, sciolga il nodo della schiavitù del peccato, restituisca questa donna ad una vita migliore quale libera figlia di Dio. Il cuore della donna, solamente perché raggiunto dall’amore sovrabbondante di Dio, potrà amare.
Il cuore di Simone, al contrario, lontano dal calore della misericordia, è sigillato nella convinzione di aver ragione. La sclerocardia di coloro che criticano, giudicano dal di fuori o si credono superiori, è malattia gravissima, quasi incurabile se affermiamo di non avere bisogno del Medico Celeste. La splendida parabola che Gesù racconta non è solo ben costruita, ma chiede al padrone di casa di rivedere il suo metro di giudizio: non può invitare Gesù e continuare a pensare come prima, non può essere amico del Maestro e avere meno compassione di Lui. Se sente poco l’amore di Dio significa che ama poco e l’equazione è presto fatta. C’è un’incognita che è data da quanto l’uomo permetta a Dio di amarlo e perdonarlo. Se Dio non entra nella mia vita vedo solamente una donna sporca che tocca Gesù e non dovrebbe farlo, perché la Legge non lo consente; brontolo in continuazione perché non c’è più fedeltà, giustizia, onestà, amore nel mondo e si dovrebbe tornare ad una Chiesa che bacchetta con più rigore.
Se parto dal Maestro, invece, tutto si rinnova e anche la bruttura del peccato è distrutta dalla luce dell’amore. Se ti fai amare molto, puoi molto amare.
Se rimani chiuso nel tuo piccolo guscio hai solo la forza di amare te stesso, ma il tuo amore è sterile, infecondo ed arido.
L’esatto contrario di quello che il Maestro vuole: spalancare i cuori, aerare i locali, far riprendere vite spezzate.
Se avessimo quello sguardo, forse, la vita di tutti avrebbe un altro calore. Da credenti, almeno, tentiamoci e lasciamo che la grazia del Signore, anzitutto, converta noi. Con quegli occhi, poi, cerchiamo di soccorrere e di far nostre anche le ferite degli altri.
Gesù va nella casa dei peccatori
Il ricco Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco (Lc 19,1-10) è la seconda figura di peccatore chiamato dal Maestro. Risuona in questa pagina uno dei tre “oggi” del vangelo di Luca: il primo, alla nascita di Gesù a Betlemme, nella bocca degli angeli in festa – “Oggi è nato per voi, nella città di Davide, un Salvatore, Cristo Signore”; a Gerico il secondo e, il terzo, sulla croce, al malfattore che strappa a Gesù la vita eterna: “Oggi sarai con me in Paradiso”.
Tre “oggi” di salvezza che si compiono per coloro che, guardando al futuro, sanno far posto alla venuta del Signore. E di conversione, nell’adesione piena al Signore che passa, è intriso il brano di Zaccheo: quanta voglia di resurrezione e di vita nuova abbia l’uomo credo che sia evidente e palpabile.
C’è bisogno di ragazzi e giovani nuovi, risorti, che sappiano scegliere il bene e il giusto. Non devono mancare genitori luminosi che possano testimoniare, con la vita, la bellezza delle scelte adulte e la costanza nel portarle avanti. La società non deve rimanere a digiuno d’insegnanti che testimonino, con la parola e la vita, un amore appassionato per i loro alunni, piccoli o grandi che siano. E neppure devono mancare preti, consacrati e missionari che raccontino, con più sfaccettature, la grandezza di un Dio che li ha soccorsi, curati e fasciati e poi mandati ad annunciare la sua misericordia.
Zaccheo è raggiunto dallo sguardo e dalla parola di un Gesù venuto per riabilitare e medicare le ferite di chi sente perduto. Zaccheo è un uomo poco raccomandabile agli occhi della società e della religione in quanto capo dei pubblicani, amico dei nemici Romani e ricco, due impedimenti che lo connotano anche religiosamente. Eppure Gesù non vuol perdere nessuno. Nessuno di noi, dunque, si senta lontano dalla Parola di Dio, dalla Chiesa, dalla comunità cristiana, dal messaggio evangelico per la sua condizione di peccato, d’irregolarità matrimoniale, di cancrena in una situazione che non si sblocca e intristisce. Gesù è venuto proprio per liberarci e restituirci una possibilità nuova di salvezza. Gesù chiama Zaccheo chiedendogli di non rimanere sopra il sicomoro, ma di scendere “subito”, con la fretta di coloro che devono recuperare del tempo.
Se Zaccheo non ha vissuto nella gioia prima, lo faccia ora. Se non ha accolto la Parola di Dio prima, cominci subito e questo lo può (lo possiamo) fare perché Gesù non guarda al passato ma al futuro. Zaccheo scende e diventa casa per accogliere il Signore. Si fa grembo in cui la Parola, quella del Maestro, può essere gettata, come seme fecondo, che porterà frutto. E Zaccheo, peccatore riconciliato, non sa tenere per sé la gioia. Impazzisce dal bene ricevuto e perciò chiama altri come lui, peccatori e pubblicani, al banchetto festoso col Maestro. Ed è anche un incontro che produce conversione visibile: ciò che ha guadagnato lo rende fino a quattro volte tanto. Ricco si fa povero, sicuro di sé diventa capace di carità.
Si è sentito molto perdonato: sa amare molto. Proprio come la donna peccatrice in casa di Simone di cui si diceva prima. Come spesso capita c’è chi pensa che la redenzione e la conversione siano impossibili. Io credo che siano il perno dell’educazione, soprattutto oggi. Essere veri coi più giovani e proporre loro cento mani per scendere dai loro alberi, venir fuori dai guai in cui si cacciano, proporre loro una vita nuova, risorta e luminosa. Nessuno è irrecuperabile e non esistono persone cattive. Ci sono persone che decidono di non uscire dal male. Noi adulti credenti, per primi, testimoniamo la luce e la gioia, le stesse che ci hanno raggiunto. Non diciamo le cose perché siamo bravi, ma perché siamo peccatori riconciliati. Salvati salviamo e amati amiamo. Anche chi sembra perduto, se gli arriva uno sprazzo di luce, potrà rialzarsi e riavviare una vita nuova.
Il peccato, dunque, lo testimonia l’anno giubilare che stiamo vivendo, non è l’ultima parola. E’ la prima e quella più dolorosa che spesso noi uomini sappiamo pronunciare. C’è sempre la Parola di Dio che ci ama molto e ci invita a scendere dall’albero. Se la accogliamo quel peccato si distrugge e la nostra vita torna a splendere.