IL SERVIZIO DEI SACERDOTI E DEI FAMILIARI DEL CLERO ACCANTO A LORO

Nel cammino della formazione-permanente, che da molti anni caratterizza la nostra Associazione, il programma per il triennio 2015-2017 (per l’approfondimento di tale progetto formativo) porta il titolo di: “Familiari del Clero: un’esperienza di umanità a servizio del prete per essere Chiesa”.

Perché la scelta di questo tema, tra l’altro così vasto e coinvolgente? Sicuramente una spinta molto forte a orientarci su questo argomento è stato il tema del Convegno Ecclesiale Nazionale, svoltosi a Firenze nel novembre dello scorso anno, dal titolo: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.

Come abbiamo notato già da alcuni mesi sulle prime pagine della nostra Rivista stiamo trovando molti approfondimenti al riguardo e sono il “dono” che la nostra presidente Anna Cavazzuti, delegata laicale presente al Convegno, sta condividendo con tutti noi per aiutarci a calare queste proposte nella nostra vita quotidiana, affinché diventino sempre più lo stile caratteristico del nostro essere collaboratori-familiari.

Cosa si intende innanzitutto per umanesimo cristiano? L’ha ben espresso don Matteo parlando della “pastorale” o meglio ancora, come l’ha definita lui la “greggiale”, che altro non è se non farsi vicini all’uomo, ogni uomo, con l’atteggiamento, lo stile, l’umanità di Gesù. Perché, come ricordava il Papa nel discorso tenuto nella Cattedrale di Firenze il 10 novembre scorso, “possiamo parlare di umanesimo solamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo”. Questo mettere al centro della propria vita Gesù per poter andare verso l’uomo è una proposta fatta solo ai sacerdoti? Sicuramente no e riguarda anche noi laici perché la vocazione dei sacerdoti e dei laici sono due forme diverse di realizzare la stessa missione della Chiesa che è quella di portare il mondo a Cristo! Una missione che nasce dal Battesimo, in forza del precetto della carità e dall’aver ricevuto dei doni particolari: il sacramento dell’Ordine per i sacerdoti il dono di una vocazione particolare per i Familiari-Collaboratori. Come vivere questa missione? Sempre nel discorso tenuto a Firenze il Papa, invitando la Chiesa italiana a fare “un tuffo” nella vita reale, proponeva tre atteggiamenti quanto mai interessanti anche per noi Familiari-collaboratori:

“Umiltà, disinteresse, beatitudine: questi i tre tratti che voglio oggi presentare alla vostra meditazione sull’umanesimo cristiano che nasce dall’umanità del Figlio di Dio…. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, si disorienta, perde il senso. Se li assume, invece, sa essere all’altezza della sua missione. Il primo sentimento è l’umiltà. «Ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a sé stesso» (Fil 2,3), dice san Paolo ai Filippesi. Più avanti l’Apostolo parla del fatto che Gesù non considera un «privilegio» l’essere come Dio (Fil 2,6). Qui c’è un messaggio preciso…: La gloria di Dio che sfolgora nell’umiltà della grotta di Betlemme o nel disonore della croce di Cristo ci sorprende sempre”. Ha coraggio il Papa a riproporci oggi la virtù dell’umiltà perché si tratta di una virtù fuori moda, antiquata…che forse ci dà anche un po’ fastidio. Chi può accettare oggi di “essere umile”?  Oggi sei qualcuno e fai strada se ti fai valere, magari anche con prepotenza, se non ti sottometti a nessuno, se vuoi avere sempre l’ultima parola magari gridando più forte degli altri…altro che umili! Quanto utile invece questa virtù nel nostro servizio accanto al sacerdote-pastore, quanto utile nel nostro accostare quella porzione di umanità che il nostro servizio ci fa incontrare, quanto utile nei nostri rapporti famigliari e comunitari!! Quanto bene ci fa ricordare che tra la parola “humus” e “homo” c’è uno stretto collegamento e facendo un ragionamento spicciolo comprendere che l’umiltà (l’humus) è il terreno fertile e propizio perché l’umanità (l’homo) si sviluppi e cresca armoniosa, proprio come una pianta di cui vediamo tutta la bellezza rigogliosa senza mai pensare al terreno, nascosto e coperto ma ricco di nutrimento, che le permette di produrre fiori e frutti che rallegrano e nutrono tutti!

“Un altro sentimento di Gesù che dà forma all’umanesimo cristiano – continua il Papa – è il disinteresse. «Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri» (Fil 2,4), chiede ancora san Paolo. Dunque, più che il disinteresse, dobbiamo cercare la felicità di chi ci sta accanto. L’umanità del cristiano è sempre in uscita.. Quando il nostro cuore è ricco ed è tanto soddisfatto di sé stesso, allora non ha più posto per Dio…Il nostro dovere è lavorare per rendere questo mondo un posto migliore e lottare. Dobbiamo seguire l’impulso dello Spirito per uscire da noi stessi, per essere uomini secondo il Vangelo di Gesù. Qualsiasi vita si decide sulla capacità di donarsi. È lì che trascende sé stessa, che arriva ad essere feconda”.

Ecco un’ altro aspetto, il disinteresse, che non riscuote certo una grande simpatia oggi, dove ciò che conta di più non è tanto cercare la felicità di chi ci sta accanto ma la propria, non ciò che può essere utile agli altri ma il proprio vantaggio e tornaconto, sicuramente più interessati a quanto possiamo ricevere che a quanto possiamo donare, più a quanto ci può tornare utile che a quanto potrebbe rivelarsi svantaggioso…E ci vuole coraggio a proporre questo capovolgimento di prospettiva, ma non è forse questa la “conversione” di cui ci parla il Vangelo?

“Un ulteriore sentimento di Cristo Gesù è quello della beatitudine. Il cristiano è un beato, ha in sé la gioia del Vangelo. Nelle beatitudini il Signore ci indica il cammino. Percorrendolo noi esseri umani possiamo arrivare alla felicità più autenticamente umana e divina. Gesù parla della felicità che sperimentiamo solo quando siamo poveri nello spirito”.

Ancora una volta restiamo spiazzati: il Papa ci ricorda come Gesù abbia capovolto le cose del mondo! Infatti le Beatitudini dicono il contrario di quello che in genere noi pensiamo, e chiamano beati quelli che, a nostro parere, non sembrerebbero proprio tali…ma se il mondo suggerisce che nella vita noi dobbiamo cercare la felicità assoluta, il pieno appagamento dei nostri desideri, come accettare quello che sembra tutto il contrario? Ecco come continuava il Papa: “Le beatitudini che leggiamo nel Vangelo iniziano con una benedizione e terminano con una promessa di consolazione. Ci introducono lungo un sentiero di grandezza possibile, quello dello spirito, e quando lo spirito è pronto tutto il resto viene da sé….Per essere «beati», per gustare la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, è necessario avere il cuore aperto…Le beatitudini sono lo specchio in cui guardarci, quello che ci permette di sapere se stiamo camminando sul sentiero giusto: è uno specchio che non mente”.

La vita cristiana, la vita secondo il Vangelo, è una vita spesa per il servizio dei fratelli, è una chiamata al servizio di tutto l’uomo e impegna tutta la persona in ogni contesto e vocazione. Perché il servizio cristiano, nel suo riferimento al Battesimo, non è semplicemente un servizio professionale (fare della cose) ma è donazione di se stessi ai fratelli, come ha fatto Gesù che è modello e prototipo non solo del sacerdote, bensì di ogni cristiano, perché ogni esistenza cristiana è una esistenza sacerdotale, una esistenza che esce da sé per andare verso l’altro e in questo suo doppio movimento verso Dio e verso il prossimo “la beatitudine è una scommessa laboriosa, fatta di rinunce, ascolto e apprendimento, i cui frutti si raccolgono nel tempo, regalandoci una pace incomparabile: «Gustate e vedete com’è buono il Signore» (Sal 34,9)!

Claudia SCILLA