LA GIOIA DEL VANGELO

LA GIOIA DEL VANGELO

 

Sono molto contento di ritornare a scrivere sulla rivista dei Familiari del Clero e sono altrettanto felice che quest’anno mi sia stato chiesto di affrontare le tematiche che Papa Francesco propone nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, primo grande lavoro del suo pontificato.

Nel cammino dello scorso anno avete incominciato a conoscermi e quindi capirete molto bene come i miei articoli non saranno uno studio accademico dell’esortazione, né un’analitica dissertazione.

Sfoglieremo insieme l’Evangelii Gaudium, ci lasceremo provocare dalle parole del Papa e proveremo a trarre da esse qualche spunto per la nostra vita cristiana, di fede e comunitaria.

Chiedo già scusa preventivamente a tutti coloro che hanno studiato, approfondito il testo di Francesco: io non farò nulla di questo. Non sono un esperto o un professore, ma un semplice parroco di campagna, che si approccia con la sua vita, la sua esperienza, le cose in cui crede a questa esortazione.

 

Innanzitutto appena arrivo in libreria per acquistarla, la prima cosa che mi colpisce è che è un testo davvero corposo! Compro l’edizione da 287 pagine (scritta un po’ in grande così la leggerò più agevolmente la mattina in chiesa) e già capisco che non sarà una lettura semplice. Tutte le esortazioni, le encicliche meritano attenzione e sono in un certo senso impegnative, ma questa, con le sue 287 pagine… mi sembra ancor di più!

Questo primo documento del Papa, così abbondante di parole, ha proprio il sapore del biglietto da visita con cui vuole presentarsi alla sua Chiesa. Un concentrato di esperienze, di visione di Chiesa e di chiese, di chi viene dalla fine del mondo. Sfogliando a fisarmonica le pagine pensavo: ecco Francesco, ecco il suo pensiero, ecco la sua passione per il Vangelo.

Ne prendo due copie, una la sottolineerò con la biro, farò i miei commenti nei bordi delle pagine: voglio che sia proprio la copia “da battaglia”, l’altra invece rimarrà nella vetrinetta del mio studio, in mezzo agli altri documenti importanti. Non resisto ad aprire la prima pagina e l’occhio mi cade sulle prime righe. Il Papa scrive che con questa esortazione intende indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni.

 

Il cammino della Chiesa nei prossimi anni…

 

Questa cosa mi fa gioire e anche mi spaventa un po’. La gioia sta nel fatto che spesso nelle comunità cristiane ci chiediamo quali siano i cammini giusti, i percorsi da proporre alla comunità. Questa Esortazione si presenta con l’aspettativa di indicare vie, percorsi.

Mi spaventa perché ciò significa che non potrà essere una lettura puntuale. Se queste pagine rappresentano l’indicazione per il percorso dei prossimi anni, dovremo come comunità cristiana ritornarci spesso, non mettere l’Evangelii Gaudium nelle librerie dei nostri studi. Così ripongo nello scaffale la copia da vetrinetta e ne compro una sola: quella da battaglia!

 

Mi piace che Papa Francesco metta la gioia, il gaudium, all’inizio e al centro di questa sua riflessione:

 

La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia (EG1).

Francesco non inventa nulla di nuovo, ma forse ci siamo dimenticati che la gioia è il primo dono della Pasqua. Una gioia profonda, che non nasce per la mancanza di problemi o di avversità. Non nasce perché il cristiano attende il lieto fine delle vicende della storia, ma nasce dall’incontro con Gesù.

È sotto gli occhi di tutti come siamo contagiati dalla tristezza e dalla noia e anche noi cristiani non siamo immuni da questi pericolosissimi virus. Scrive ancora il Papa:

Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene (EG2).

La tristezza nasce dall’individualismo, dal cuore comodo e avaro. L’esortazione inizia subito fortissimo e il Papa appare deciso non solo nell’analisi dei sintomi (tristezza), ma anche nell’individuare le cause. Difficile dargli torto. Tutti siamo coinvolti da questa riflessione, tutti corriamo il rischio di questo individualismo chiuso.

Ho proprio l’impressione già alle prime righe che questa Evangelii Gaudium arrivi davvero alle orecchie e al cuore di tutti. Addentrandoci nel primo capitolo ci facciamo già l’idea di un’opera scritta non per addetti al lavori, ma davvero per tutti.

Quante volte sperimentiamo nella nostra vita personale e nella vita comunitaria una tristezza strisciante che, come dice il Papa, ci trasforma in persone risentite e scontente.

Ricordo anni fa in un incontro con alcuni giovani, un diciottenne un po’ contestatore definì la Chiesa un luogo di persone “tristi e antiche”. Sentii questa sua provocazione un po’ troppo severa, ma ci fa bene ascoltare i commenti delle persone che ci osservano da fuori. Credo che Papa Francesco tenti da subito di fare un po’ questa operazione. Il Papa cerca di vedere la Chiesa con occhi disinteressati, esterni. Non ha paura a definirci a rischio tristezza.

Ci sono cristiani che sembrano avere uno stile da Quaresima senza Pasqua (EG6)… Forse questa frase me la sarei aspettata dal mio giovane contestatore, non dal mio Papa.

Riconosco che la gioia non si vive allo stesso modo in tutte le tappe e circostanze della vita – continua il Papa – a volte molto dure. Capisco le persone che inclinano alla tristezza per le gravi difficoltà che devono patire, però poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie.

Mi sembrano parole oneste, ancorate nella realtà delle nostre vite, ma che ci esortano a quella gioia profonda che solo la fede può donarci. Sarebbe bello durante la lettura di questa esortazione riflettere sulla nostra gioia. Quali sono le radici profonde che la animano e la motivano. Riflettere sulla nostra tristezza. Mi sembra che il Papa la analizzi su due versanti. C’è una tristezza che nasce dalle prove dure della vita, una tristezza che quasi ci assale e noi non possiamo fare altro che aprirci alla fiducia, lasciare che la Buona Notizia si ridesti in noi (come scrive il Papa).

Ma c’è anche una tristezza che, con parole mie, definirei auto-tristezza. È quella che Francesco descriveva all’inizio dl capitolo. Una tristezza che ci infliggiamo noi perché chiudiamo il nostro cuore, perché non lasciamo entrare gli altri, perché non creiamo uno spazio per i poveri nella nostra vita. Di questa tristezza siamo responsabili, la gioia del Vangelo si presenta a noi come antidoto di vita.

Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché «nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore». Insisto ancora una volta: Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia (EG3).

Forse qui era già presente in modo velato l’annuncio del Giubileo della misericordia che abbiamo concluso da qualche mese. Chiedere la misericordia di Dio, significa in primo luogo domandargli che la nostra tristezza sia trasformata in gioia.

 

 

don Matteo