Madeleine Delbrel – Una donna di fuoco


Eliana Marcora : Collaboratrice Familiare del Clero – Coordinatrice regionale per l’Associazione della regione Lombardia


Mi ha sempre incuriosita e affascinata questa figura femminile, così complessa e così libera, per la quale il Vangelo è diventato una parola viva, una Persona. Ha saputo vivere la sua vita nell’appartenenza a Dio e nella solidarietà con gli “ultimi”, vivendo nella città e nelle strade. Capace di contemplazione mistica ha saputo lottare contro le ingiustizie.

L’attenzione alla sua figura ha conosciuto un interesse crescente in ambito italiano e internazionale.

Giovanni Paolo II nel 2004, rivolgendosi ai Vescovi francesi l’ha proposta come “una francese che ha fatto suo l’impegno della nuova evangelizzazione”. È stata una figura precorritrice, capace in semplicità di gesti e parole profetiche di incarnare uno stile di vita evangelico, libero dalle ricette come dalla preoccupazione dei risultati, per abbandonarsi all’inventiva dello Spirito Santo. È l’abbozzo – trent’anni prima del Vaticano II – della spiritualità del quotidiano.

Chi è Madeleine Delbrel? Nata a Mussidan, in Dordogna (Francia) il 24 ottobre 1904, in una famiglia borghese e poco praticante. Dopo la prima Comunione e Cresima abbandona la pratica religiosa. A diciassette anni si dichiara atea scrivendo un testo “Dio è morto…viva la morte”, ponendosi l’obiettivo di smascherare l’assurdità della fede consolatrice. Appassionata di poesia e letteratura, Madeleine scrive, suona il pianoforte e ama recitare. Frequenta i corsi di filosofia alla Sorbona di Parigi e ha un mito: restare sempre giovani, qualunque cosa accada. A diciotto anni si innamora: lui è sportivo, serio, impegnato intellettualmente e politicamente. Sembrano fatti l’uno per l’altra…Improvvisamente il ragazzo scompare: sconvolta Madeleine viene a sapere che Jean è entrato nel noviziato dei domenicani. È una separazione definitiva. Non capisce, si riaccende il suo anticlericalismo, mentre la disgrazia della cecità del padre le pone il problema della fede. Riscoprire nel cuore pensieri e discorsi fatti con Jean e altri amici. “Essi parlavano di Dio come fosse per loro indispensabile come l’aria che respiravano, ripetevano le parole di Gesù…” L’influenza di Jean e dei progetti fatti con gli amici offrono a Madeleine uno sguardo differente, si insinuano nel suo cuore domande, la nebbia si dirada e il suo cammino di ricerca intellettuale riparte. La sua conversione passa dagli occhi ed è voglia di conoscere, di sapere. Per lei si aprono i cieli e finalmente riesce a vedere in pienezza attraverso la realtà che è Cristo (Col 2,17) e nella quale Dio è nascosto e si rivela. 

Si riavvicina ai misteri del Dio-Crocifisso, un Dio che non se ne sta lassù in cielo a guardare, ma che si fa “compagno” del dolore degli uomini condividendolo nella carne. Il suo slogan diventa: “Dio vive, viva la vita”. Siamo nel 1933, in Madeleine cresce la passione per l’ascolto della Parola, dentro lei germoglia un progetto e la sera della festa di Santa Teresa d’Avila inizia la vita della prima équipe de la Charité che si vuole “donare a Dio e alla Chiesa anime decise a vivere integralmente il Vangelo in mezzo al mondo”.  Si prende cura di malati ed emarginati. Vuol essere proprietà di Dio, sceglie la verginità ma senza allontanarsi dal mondo. Il Vangelo diventa per lei “il libro da vivere, far calare i consigli evangelici nella vita laica, in un dono totale di sé”. La vocazione di Madeleine si forma a contatto con la storia, con la caratteristica femminile che è la capacità di mettersi in ascolto, riconoscere le esigenze e decidere di mettersi in azione. Ha visto intorno i volti sofferenti dei fratelli e ha deciso di essere tramite, strumento e segno della presenza di Dio che abita gomito a gomito in mezzo agli uomini. Non da sola ma ina una dimensione comunitaria insieme a due compagne.

A Ivry-sur-Seine, opera come assistente sociale negli ambienti atei e comunisti della periferia parigina, e condivide una semplice vita fraterna con alcune compagne, mossa dal desiderio di installarsi in una sorta di “vita di famiglia” con gli uomini e le donne del suo quartiere. Sono gli anni della scristianizzazione della Francia e in cui avviene il passaggio anche storico dalla fede all’incredulità, al rifiuto di Dio. In questo contesto la “gente della strada”, che conduce una vita quotidiana umile, oscura, anonima, percepisce come lontani i modelli di santità allora riconosciuti: il martirio, il monachesimo, la diaconia. Gli uomini e le donne del tempo credono più ai testimoni che ai maestri, si fidano più dell’esperienza che della dottrina, più del vissuto che delle teorie.

Alla luce del Vangelo, meditato ogni giorno, matura la distinzione tra l’ideologia marxista, da rifiutare e le persone concrete che meritano invece attenzione e amore qualunque sia la loro militanza politica. Si impegna nel servizio sociale: la sua casa è aperta a tutti con un’accoglienza che sa riconoscere quel che c’è di buono in ogni persona. Respinge però la violenza. Nel 1938 la Delbrel scrive un testo programmatico dal titolo “Noi, gente della strada”, in cui descrive la strada come il luogo della santità per i cristiani che lì vivono la loro vocazione specifica, camminando a fianco di ogni povero. Allo stesso modo in cui il monastero è luogo di santità per le persone consacrate.

Madeleine è convinta che la fede è dono di Dio da far esplodere dentro di noi. La sua vita spirituale si snoda nella preghiera: suggerisce modi molto semplici per praticarla in mezzo alle occupazioni quotidiane. In uno scritto del 1956 Madeleine dice: “Senza la preghiera non ameremmo il Dio d’amore. Saremmo forse suoi servitori, i suoi combattenti, perfino i suoi discepoli…Qualunque sia la forma di preghiera è attraverso di essa che incontriamo il Dio vivo, il Cristo vivo.”

Nel prossimo articolo ci faremo guidare dalla sua spiritualità.

Propongo due testi di Madeleine Delbrel NOI DELLE STRADE (1938) 

Ogni cristiano, in mezzo al mondo costituisce una frontiera della grazia. 

IL BALLO DELL’OBBEDIENZA (1949). 

Ci descrive poeticamente la vita e il rapporto con Dio nella quotidianità come una danza in cui mettere tutte le forze e tutto se stessi, allo stesso modo del racconto biblico sul re Davide che balla follemente davanti all’Arca.

NOI DELLE STRADE (1938)

Ci sono luoghi in cui soffia lo Spirito, ma c’è uno Spirito che soffia in tutti i luoghi.

C’è gente che Dio prende e mette da parte.
Ma ce n’è altra che egli lascia nella moltitudine, che non ⋞ritira dal mondo⋟.

È gente che fa un lavoro ordinario, che ha una famiglia ordinaria o che vive un’ordinaria vita da celibe. Gente che ha malattie ordinarie, lutti ordinari. Gente che ha una casa ordinaria, vestiti ordinari. È la gente della vita ordinaria. Gente che s’incontra in una qualsiasi strada.

Costoro amano il loro uscio che si apre sulla via, come i loro fratelli invisibili al mondo amano la porta che si è rinchiusa definitivamente dietro di loro.

Noialtri, gente della strada, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada, che questo mondo dove Dio ci ha messo è per noi il luogo della nostra santità.

Noi crediamo che niente di necessario ci manca, perché se questo necessario ci mancasse Dio ce lo avrebbe già dato.

Madaleine Delbrel
Madaleine Delbrel