Madeleine Delbrel: profezia per il nostro tempo


Eliana Marcora : Collaboratrice Familiare del Clero – Coordinatrice regionale per l’Associazione della regione Lombardia


Madeleine, ventenne, inizia un percorso inaspettato che cambia il suo atteggiamento interiore. Gli eventi della vita la spingono alla ricerca di un legame amoroso: si fa strada in lei l’ipotesi dell’esistenza di Dio. Inizia la sua ricerca di Dio: si converte, incontra Padre Lorenzo che diventerà suo accompagnatore spirituale e si fa strada in lei l’orizzonte vocazionale… Inizia a vivere un’esperienza cristiana con intensità, gioia e passione. Inizia a pregare, ricordando l’insegnamento di Santa Teresa d’Avila: pensare in silenzio a Dio cinque minuti ogni giorno. Egli diventa il Tutto che merita tutto. Madeleine affonda nella preghiera, lo fa in ginocchio per mostrare che si prega con il corpo e non soltanto con le idee. Dirà: “Leggendo e riflettendo ho trovato Dio; ma pregando “ho creduto” che Dio mi trovasse”. Dialogando con l’Altissimo pregherà:” Tu vivevi e io non ne sapevo niente. Avevi fatto il mio cuore a tua misura”. Diventa una figura precorritrice dei tempi, capace di gesti e parole profetiche: cerca la volontà di Dio nell’oggi della storia.

Pensa di entrare nel Carmelo per vivere intensamente la preghiera. Però alcune vicende di famiglia irrisolvibili la tengono legata al mondo. Allora si impegna nel campo educativo e nel movimento scout. Dallo scoutismo, con una ventina di ragazze, passa poi a formare un gruppo detto «Carità», al seguito di san Vincenzo de’ Paoli che aveva dato questo nome alle comunità di donne che si prendevano cura dei malati e degli emarginati.
Ha un solo progetto chiaro: «Essere volontariamente proprietà di Dio, nella stessa maniera totale, esclusiva, definitiva, pubblica con cui lo diviene una religiosa che si consacra a Dio». In altre parole: ciò che di più profondo c’è nel sacramento del matrimonio e ciò che di più totale c’è nella vocazione religiosa, ella vuole viverlo nel mondo. Con un paragone dolcissimo, scrive: «Il mio sogno è che il nostro gruppo sia nella Chiesa come il filo di un vestito. Il filo tiene assieme i pezzi e nessuno lo vede, se non il sarto che ce l’ha messo. Se il filo si vede, allora il vestito è riuscito male». Prima che l’impresa si realizzi, il gruppetto si assottiglia molto: di dieci ragazze, ne restano soltanto tre. Il suo progetto è di vivere i consigli evangelici nella vita laica. Formano una comunità “casta, povera e obbediente”. Il 15 ottobre 1933 fissano la partenza, scegliendo la festa di Santa Teresa d’Avila per dare inizio alla loro avventura di una vita contemplativa nuova a Ivry. È il quartiere più industrializzato ai margini di Parigi, che diventa la capitale politica del Partito comunista francese. Scegliere di vivere lì voleva dire essere confinati nei bassifondi, dove si ammassano poveri e operai, il proletariato soggetto a sfruttamento. Vanno in mezzo ai quartieri più malfamati, aprono a tutti la loro casa, sfidando le ostilità e i pregiudizi dei benpensanti. Madeleine non evita i comunisti: sono il suo prossimo. È pronta al dialogo per assistere i tutti. Ignora persino il significato della bandiera rossa che sventola su tutti gli edifici pubblici, ma con le sorelle condivide tutto con la gente, senza dissociarsi in nulla. Provò la tentazione di cedere all’ideologia marxista, ma il suo cuore, votato all’amore di Dio intuì l’inganno e reagì. Si fermò davanti alla violenza e tra lei e il marxismo si scavò un abisso incolmabile. Scrisse in quegli anni un testo “Noi gente della strada”, nel quale affermava che ci sono cristiani per i quali il pezzo di mondo in cui Dio li manda è il luogo della santità. È la vocazione specifica della gente qualunque, che svolge il lavoro in un luogo qualunque e tuttavia si tuffa in Dio, allo stesso modo in cui si immerge nel mondo. Gesù non dice soltanto: “Seguimi”, ma “Seguimi in strada!” e chiede di camminare con Lui, a fianco di tutti i poveri della terra, soprattutto di quelli che hanno perso i sentieri dell’esistenza.  Se il monastero è il mondo, la preghiera non può distinguersi dall’azione. Il Signore può incontrare ogni uomo nell’ordinarietà dei giorni. Come l’elettricità scorre, lungo i fili conduttori, così la preghiera ci segue nelle fasi della nostra vita, vivifica le nostre azioni, ne colma i vuoti. Vive là dove noi siamo, è nei luoghi del nostro lavoro, al tavolo dove scriviamo, nelle nostre case, nelle nostre strade. Ascolta insieme a noi, parla con noi, dona, consola, lenisce, calma. Madeleine diceva che si può essere missionari anche nel metrò: “Signore, i miei occhi, le mie mani, la mia bocca sono tuoi. Questa donna così triste davanti a me: ecco la mia bocca perché tu sorrida. Questo bambino è tanto pallido: ecco i miei occhi perché tu lo guardi. Quest’uomo così stanco: ecco tutto il mio corpo perché tu gli lasci il mio posto…Sedetevi…”. 

Madeleine diventa, a Irvy, un punto di riferimento di aggregazione nella lotta contro la miseria, tanto che la città di trasforma in un laboratorio di ricostruzione per le famiglie, al quale si guardava da tutta la Francia.

In questo febbrile lavoro di ricostruzione l’attività di Madeleine subisce un cambiamento: è consapevole delle urgenze sociali, ma riconosce però che la sua comunità risente della sua eccessiva attività. Le sorelle – una decina di donne – guardano a lei come sorella e madre. Madeleine vuole garantirsi di obbedire al Signore e non ai suoi successi.  Il mondo non deve guardare a lei ma alla Comunità.  Sorgono dentro di lei e in altri alcune domande circa la collocazione della sua piccola comunità all’interno della Chiesa.

Così nel 1952, sorprendendo tutti decide un viaggio lampo a Roma: è un pellegrinaggio faticoso. Lo intraprende perché convinta che “certe grazie non si chiedono né si ottengono, per la Chiesa, se non a Roma”. L’anno successivo incontra il Papa che le ripete, per tre volte, la parola “Apostolato”. Madeleine rimane sconvolta, in quanto la parola in auge in Francia è: “missione”. Intuisce qualcosa di profetico nell’insistenza del Pontefice. Capisce che una vera missione, alla maniera degli apostoli dovrà avere due direttive: risvegliare nei credenti la conoscenza di un Dio da amare come Persona viva e testimoniare l’attaccamento a Lui, occupandosi della salvezza del prossimo. In questo modo Madeleine intravvede un nuovo prototipo del cristiano, come colui che deve appartenere a Gesù ed essere completamente innestato nel mondo. 

Si entusiasmò per la celebrazione del Concilio Vaticano II che commentò così: “Il cristiano è in stato di Chiesa come è in stato di grazia”. Aveva solo sessant’anni e già si sentiva stanca.

Il 13 ottobre 1964, a Roma – per la prima volta nella storia della Chiesa – un laico prendeva la parola nell’aula conciliare per parlare a tutti i Vescovi del mondo sul tema dell’Apostolato dei laici…. 

In quello stesso pomeriggio, a Ivry-sur-Seine, Madeleine si accasciava sul suo tavolo da lavoro, morendo in silenzio, senza disturbare nessuno. Il programma che lasciava alle sue figlie è riassunto in una frase soltanto: “Leggere il Vangelo – tenuto dalle mani della Chiesa – come si mangia il pane”. 

Madeleine è stata una profezia per il nostro tempo. Ha aperto un cammino di fede per il terzo millennio. Riecheggiano nell’insegnamento del Concilio Vaticano II, nell’apertura della Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes queste parole: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (GS 1).

Sono state anche il vissuto di Madeleine, che ha consegnato tutto se stessa alla avventura della grazia, disponibile a incarnare uno stile di vita evangelico, libero dalle ricette, come dalla preoccupazione dei risultati, per abbandonarsi alla giovinezza e all’inventiva dello Spirito.

Questa “strada” è stata per lei, fin dall’inizio una relazione totalizzante: «Credere in Gesù Cristo è stato tutto per me dal momento che ho creduto in Dio. A Lui ho donato la mia vita e non me ne sono mai pentita», che l’ha resa pellegrina nella vita, verso l’incontro pieno con Colui che «ha regolato il suo passo sul nostro e si è fatto riconoscere⋟. 

La radicalità della sua fede ancora oggi nutre l’esperienza di persone che vivono vocazioni diverse: preti uomini donne, religiosi e laici. 

Recentemente Papa Francesco ha detto che “Madeleine Delbrêl è una delle sante della porta accanto: una donna che ha scelto di spendere la vita nei sobborghi poveri, marxisti e atei di Ivry. È la donna che, per sentire la voce di Dio, non va nel deserto sabbioso, ma in mezzo alle folle, per la strada, nella metropolitana, nei quartieri più poveri; ci va con la disposizione a essere sorella di tutti e a servire tutti ascoltando ciascuno, a imparare a sentire la voce di Dio che parla sempre attraverso i più piccoli e più abbandonati.” 

La causa di beatificazione
Il 12 maggio 1993 è stato concesso dalla Santa Sede il nulla osta per la Causa di beatificazione. Gli atti dell’inchiesta diocesana, svolta dal settembre 1993 all’ottobre 1994 presso la diocesi di Créteil, sotto cui cade Ivry-sur-Seine, sono stati convalidati il 4 ottobre 1996.
Il 26 gennaio 2018, ricevendo in udienza il cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui Madeleine Delbrêl è stata dichiarata Venerabile.