FAMILIARI DEL CLERO: VOCAZIONE LAICALE ACCANTO A DIVERSE VOCAZIONI

La riflessione di don Matteo ci ha posto già davanti allo stile del battezzato, del cristiano, del missionario, dell’evangelizzatore, del testimone di Gesù, con esempi e immagini concrete del nostro vissuto quotidiano. Credo non sia stato difficile riconoscere, al termine della lettura delle parole di don Matteo, che portare il Vangelo nelle realtà dove vive e opera la persona, sia compito di tutti i cristiani e non solo dei preti, dei pastori. Io vorrei semplicemente richiamare la sorgente della nostra vocazione di battezzati. L’ identità, la vocazione del cristiano, è la chiamata del Padre ad essere figli nel Figlio. Attraverso la Chiesa, per mezzo del Battesimo, Dio genera i suoi figli e li chiama alla vita di fede: “Non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv 1,13). L’essere figlio di Dio, cristiano, è anzitutto un dono. Riconoscere questo ci mette nell’atteggiamento della gratitudine, della responsabilità, dell’apertura all’amore e alla chiamata di Dio a rispondere al suo dono, cioè portare frutto. Avere consapevolezza del dono ricevuto ci aiuta a riconoscere e  ad apprezzare il dono che è l’altro, che è nell’altro, ci ricorda che siamo popolo di Dio.

I documenti del Magistero ci aiutano a ricordare l’essenza della vocazione laicale-battesimale: ad esempio la Costituzione conciliare Lumen Gentium indica gli elementi fondamentali dell’identità e della vocazione dei fedeli laici quando afferma: “Con il nome di laici si intendono … i fedeli che, dopo essere stati incorporati a Cristo con il Battesimo ed essere stati costituiti Popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano. … vivono nel secolo, cioè in tutti e singoli i doveri e gli affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono chiamati da Dio a contribuire come un fermento alla santificazione del mondo quasi dall’interno, adempiendo i compiti loro propri guidati da spirito evangelico e così, luminosi per fede, speranza e carità, manifestare Cristo agli altri prima di tutto con la testimonianza della propria vita” (LG 31).

papa Francesco, nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, indica alcune attenzioni molto concrete della situazione nelle nostre realtà locali:

Occorre promuovere una diffusa responsabilità del laicato, perché germini la sensibilità ad assumere compiti educativi nella Chiesa e nella società. In relazione ad ambiti pastorali specifici dovranno svilupparsi figure quali laici missionari che portino il primo annuncio del Vangelo …”

La chiamata ad edificare il corpo di Cristo nel mondo, è propria della Chiesa tutta e viene tuttavia realizzata dal laico in modo specifico. Il messaggio di salvezza, infatti, è rivolto al mondo intero e proprio lì, nel mondo e attraverso le cose del mondo, i fedeli laici rispondono alla chiamata di Dio e si fanno testimoni della Sua presenza, incarnano nella loro vita l’opera di manifestazione di Dio.

Siamo chiamati dunque ad una ministerialità laicale basata sulla dimensione del servizio, sulla corresponsabilità nella consapevolezza di essere, assieme ad altri (altre doni-vocazioni) dono per la Chiesa e il mondo.

Cito ancora la Evangelii Gaudium  (nn.102-103): “ I laici sono semplicemente l’immensa

maggioranza del popolo di Dio. …  È cresciuta la coscienza dell’identità e della missione del laico nella Chiesa. Disponiamo di un numeroso laicato, benché non sufficiente, con un radicato senso comunitario e una grande fedeltà all’impegno della carità, della catechesi, della celebrazione della fede. Ma la presa di coscienza di questa responsabilità laicale che nasce dal Battesimo e dalla Confermazione non si manifesta nello stesso modo da tutte le parti. …

La Chiesa riconosce l’indispensabile apporto della donna nella società, con una sensibilità, un’intuizione e certe capacità peculiari che sono solitamente più proprie delle donne che degli uomini. Ad esempio, la speciale attenzione femminile verso gli altri, che si esprime in modo particolare, anche se non esclusivo, nella maternità. Vedo con piacere come molte donne condividono responsabilità pastorali insieme con i sacerdoti, danno il loro contributo per l’accompagnamento di persone, di famiglie o di gruppi ed offrono nuovi apporti alla riflessione teologica. Ma c’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa”.

Non mi soffermo a fare commenti perché le parole del Magistero sono chiare, forti: forse dobbiamo lasciarci penetrare dal mistero del battesimo ricevuto e chiederci se abbiamo consapevolezza di vivere il quotidiano da figli ‘generati’ da Dio.

Abbiamo l’opportunità di offrire una presenza e un servizio prezioso al prete e alla comunità cristiana sia che collaboriamo in modo diretto col sacerdote sia offrendo un semplice lavoro materiale: se siamo mossi dalla gioia di essere e di vivere da figli del Padre, ci sentiremo fratelli in Cristo Gesù di quanti incontreremo nel quotidiano e sapremo esprimere Lui, la sua benevolenza, la sua attenzione, la sua benedizione.

Anna Cavazzuti