UNA SERVA DI NOME RODE

Pietro allora, rientrato in sé, disse:”Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo  e mi ha strappato dalla mano di Erode”. Dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni, detto Marco, dove molti erano riuniti e pregavano. Appena ebbe bussato alla porta esterna, una serva di nome Rode, si avvicinò per sentire chi era. Riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse ad annunciare che fuori c’era Pietro. “Tu vaneggi!”, le dissero. Ma ella insisteva che era proprio così. E quelli dicevano: “è l’angelo di Pietro”. Questo intanto continuava a bussare e, quando aprirono e lo videro, rimasero stupefatti (At 12,11-15)

 

Facciamo l’elogio di una serva di nome Rode.

Per un giorno, per una volta, una serva ha una parte importante. Per una volta, una serva merita d’essere chiamata con il suo nome. Per una volta, si scrive quello che ha fatto una serva in un racconto destinato a essere raccontato nei secoli, per rendere famosa questa sera per i tempi a venire. Nient’altro che una serva. Forse così si sentono le persone semplici e buone quando sono festeggiate, donne che hanno scelto di servire, di fare della loro vita una dedizione senza clamore e senza splendore, essere solo serve quasi nascondendosi nel servizio, liete di non essere notate, e piuttosto d’essere utili, fiere non d’essere ringraziate, ma piuttosto di essere ritenute affidabili, persone su cui si può contare sempre, come sono le suore. Per un giorno, per una volta, siate anche voi nominate, siate anche voi famose. Vogliamo fare l’elogio di una serva di nome Rode.

 

Facciamo l’elogio della prontezza della serva di nome Rode: appena Pietro ebbe bussato, Rode si avvicinò per sentire che era. Nel cuore della notte c’è chi vigila alla porta e prontamente si muove per rispondere a chi sta alla porta e bussa.

La prontezza nel rispondere è il segno della libertà: non ha altro da fare, non ha interessi suoi da coltivare, non ha stanchezze da smaltire, non ha distrazioni in cui perdersi. È libera per servire.

La prontezza è una forma di vigilanza, la serva di nome Rode veglia come in attesa: attua in questo la raccomandazione di Gesù che invita le vergini sagge a predisporsi per accogliere il suo ritorno. La vigilanza che subito corre alla porta quando sente bussare è frutto di quella spiritualità che non si chiude in casa, che non concentra tutta la sua attenzione su quello che avviene in casa, le chiacchiere e le beghe, i divertimenti e le amicizie, i compiti da svolgere e gli spazi da occupare non sono così importanti, non sono il tutto. Resta vigile! L’evento decisivo viene da fuori, il motivo più grande per fare festa è in colui che bussa alla porta, la persona più importante deve ancora arrivare.

 

Facciamo l’elogio della gioia della serva di nome Rode.  Riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non  aprì la porta… La gioia ha sempre qualche cosa di destabilizzante: manda in confusione la serva di nome Rode. Forse in questo assomiglia alla vergine di nome Maria che rimane molto turbata al saluto dell’angelo. La gioia della serva di nome Rode dipende dunque da una annunciazione: Pietro è vivo, Pietro è libero, Pietro è qui! È la verità della gioia cristiana, quella che viene da una annunciazione, non da una soddisfazione per un risultato conseguito, non dal compiacimento per le proprie doti o per gli elogi che si ricevono o per la popolarità di cui si gode, tutte gioie un po’ meschine e certo precarie. La gioia che viene da una annunciazione ha la profondità e la durata di colui che annuncia, di colui che bussa: se è il Signore che bussa, se è il Signore che chiama, allora la gioia dura per tutta la vita, allora avvolge tutt’intera la persona, come testimoniano le nostre sorelle che celebrano il loro giubileo, cioè fanno festa perché la gioia seminata in loro dalla vocazione originaria non si è spenta in tutti questi anni.

 

Facciamo l’elogio persino dell’insulto che la serva di nome Rode si sente rivolgere: Tu vaneggi! La gente di radunata in casa di Maria, madre di Giovanni Marco è gente devota, riunita per pregare. Ma prendono per matta la serva di nome Rode perché dice la verità buona, porta la buona notizia, conferma che la preghiera è stata esaudita. Preferiscono, infatti, a quanto sembra, le cattive notizie, la rassegnazione alle disgrazie. La serva di nome Rode forse non è più ottimista degli altri, non  ha una fede più forte nella preghiera rispetto agli altri, ma è più semplice: sente la voce di Pietro e si lascia prendere dalla gioia. Si potrebbe dire che è più realista. Questa semplicità e questa gioia un po’ destabilizzante la espone all’insulto: tu sei matta! Ecco, forse nella comunità cristiana e nelle comunità religiose abbiamo bisogno di gente così contenta da esporsi all’insulto, così attenta alla realtà da essere fuori dal coro dei lamenti e della rassegnazione, così disponibile all’annunciazione da lasciarsi tutta scombussolare dalla gioia.

 

Forse l’elogio della serva di nome Rode può essere anche un modo per esprimere gratitudine e apprezzamento alle festeggiate, perché nella loro vita si riconoscono tratti simili che meritano l’elogio, perché la loro testimonianza diventa parola benedetta e qualche volta rimprovero severo per noi consacrati mediocri.

Facciamo dunque l’elogio della prontezza, cioè della libertà interiore e della vigilanza, e perciò dichiariamo di voler vincere la tentazione a restare impigliati in una eccessiva cura di noi stessi, in una distrazione troppo abituale che non aspetta più nessuno.

Facciamo dunque l’elogio della gioia dell’annunciazione e perciò dichiariamo di volerci liberare dalla tentazione di cercare gioie troppo meschine e troppo precarie.

Facciamo dunque l’elogio di quella scomoda eventualità di essere insultati, quando questo fosse il prezzo per scuotere la comunità da una tristezza troppo ristagnante, da una rassegnazione troppo grigia, da una preghiera troppo sfiduciata.

Facciamo l’elogio della serva di nome Rode, per la sua prontezza, per la sua gioia, per l’insulto che ha ricevuto.

 

Mons. Mario Delpini